Al fondo di me stessa ho una ferita ancora aperta, dice Anna. L'altra non
le risponde niente, osserva distrattamente qualcosa nella sua tazza di caffè,
poi torna a guardare senza grande interesse le espressioni della sua amica
mentre parla. C'è sempre la necessità che il tempo riesca lentamente a digerire
tutto quanto accade, dice ancora Anna; magari restituendoci un presente
migliore, forse più apprezzabile, ma alcune cose sfuggono del tutto a questo
meccanismo, e restano negli anni né più né meno quello che in verità si sono
sempre dimostrate.
Al tavolo del bar, dove le due donne rimangono sedute, si avvicina un loro
conoscente sorridendo, le due si voltano distrattamente verso di lui, e lui
chiede: disturbo, conservando il medesimo sorriso, come se in quella domanda
fosse già implicitamente scontata una risposta negativa. Le due amiche lasciano
che il nuovo venuto si sieda accanto a loro, e Anna riprende: certe volte
vorrei poter dimenticare tutto, guardare avanti con occhi nuovi, lasciare
indietro questa pesantezza che non mi abbandona quasi mai.
L’altra prende un sorso di caffè, forse vorrebbe chiudere con quei
discorsi, e dopo un attimo, se forse aveva sperato che l’arrivo dell’uomo avrebbe
dato ad Anna la possibilità almeno di affrontare quegli argomenti in modo più
leggero, improvvisamente sembra quasi annuire alle ultime parole che ha
ascoltato, come se, essendo già d’accordo con ciò che è stato detto, adesso
fosse possibile addirittura parlar d’altro. Il conoscente invece si sente
subito di troppo, spenge sulla sua faccia quel leggero sorriso che aveva
impostato per automatismo, e pensa subito soltanto a trovare la maniera per
alzarsi e per andarsene, naturalmente senza passare per sgarbato ed evitando
quindi di interrompere in qualche modo quei discorsi che reputa noiosi però
forse importanti.
Riusciremo ad essere ancora più indifferenti a tutto, dice Anna adesso
rivolta all'uomo. Voltare le pagine seguenti senza più curarsi delle pagine
passate, aprendo volta per volta scenari sempre nuovi in cui far proseguire la
commedia. Lui volge lo sguardo per un attimo verso l'altra, l’amica che
prosegue a starsene in silenzio, ma senza trovare alcun conforto nella sua
espressione; poi pensa qualcosa da dire a sua volta, una qualsiasi, ma pur
concentrandosi non gli viene niente. Anna lo guarda senza giudicarlo, lui si
sente ancora di più al posto sbagliato, l'amica prende un nuovo sorso di caffè
dalla sua tazza.
Verranno tempi sempre più difficili, dice ancora Anna; dobbiamo prepararci
già da adesso; sarà come sentirsi in guerra tutti i giorni, quasi vedere negli altri
continuamente il proprio nemico. Tutto avviene sotto la copertura di questa
ipocrisia che ci lascia fingere continuamente, come se stessimo davvero, ma solo
in apparenza, tutti quanti dalla stessa parte.
L’altra si volge adesso verso l’uomo, lui stringe le labbra come a mostrare
un qualche disappunto, Anna non si accorge neppure che tra i due qualcosa sta
lavorando come all’unisono. Infine l’amica si alza, solleva la sua tazza di
caffè ormai vuota, va verso il banco del bar, e l’uomo la segue. Anna guarda il
vuoto, poi sorride: non importa, dice tra sé; dovremo tutti quanti cominciare a
contarci, a non farci più alcuna illusione su chi ci appare troppo vago. Quando
sarà il momento sapremo bene chi siamo, non ci sarà più alcun dubbio, e forse
sarà tardi per alcuni cercare di mostrare convinzioni dalle quali non si sono
fatti mai neppure minimamente sfiorare.
Bruno Magnolfi
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