Lei è immobile in questo momento, ne ha pienamente
coscienza. Apre le persiane di casa ogni mattina prestissimo, come ha sempre
fatto, ogni giorno all'incirca alla medesima ora, ed assapora quell'aria da
fuori che gira e si avvita lentamente nel vuoto, come se all'interno del suo
appartamento dovesse arrivare dalle altre case un possibile annuncio di chissà
quali incredibili notizie. È ancora presto, lo sa benissimo, ha tutto il tempo
che vuole per fare tutto quanto con calma, e continuare persino ad osservare
quel niente che riesce a vedere, forse piuttosto monotono, ma indubbiamente
rassicurante, quel vuoto buio e completo da cui è circondata. Quando torna a
chiudere i vetri e rientrare, sembra proprio, tramite quel pizzico di volontà
che la spinge ad occuparsi di sè, che tutta la macchina che la circonda, pur
lentamente, inizi poco per volta a mettersi in moto, ed ecco che i primi
pensieri la colgono, soprattutto riguardo quelle iniziali piccole
preoccupazioni di sempre, comuni a chiunque in qualsiasi altro giorno, e praticamente
anche oggi senza grandi variazioni di sorta.
Quando infine esce da casa, pronta ad affrontare i suoi
compiti, quell’aria che le era tanto piaciuta affacciandosi dalla finestra,
adesso le appare decisamente più ostile, quasi uno schiaffo, così disumana ed
estrema, come d’altronde lo è perfino il suo passo, che risuona, in quell’aria di
tutti, a lei ancora più estraneo, cadenzato e sgradevole, come un ticchettare
nervoso che la perseguita lungo quel tratto di strada fino alla fermata degli autobus.
Ci sono sempre le solite facce a quella fermata, così lei per evitare chiunque,
spesso si finge distratta, e quando dopo pochi minuti arriva il suo mezzo
pubblico, lei sale di scatto, quasi sorpresa della sua prontezza e del suo
ordinario prendere subito posto. La solita gente di ogni giorno forse la
osserva, ma lei torna a guardare qualcosa dal finestrino, mostrando completa
indifferenza, mentre ad ogni fermata si accomoda meglio lì dove si trova, ed
inizia a costruirsi la sua personale atmosfera.
Più tardi si sentirà maggiormente protetta, avvolta come sa
essere, poco per volta, da una sorta di materiale trasparente e invisibile
conosciuto soltanto da lei, che le permette di stare con gli altri, ma comunque
difesa da loro. Parla, sorride, affronta ogni argomento con personalità, e la
logica che la sorregge è quella di sempre, la stessa che adopera per qualsiasi suo
compito. Rientra a casa, nel pomeriggio, e torna a socchiudere la sua finestra,
come se le mancasse quell'aria che rammulina soltanto da quelle parti, fuori
dai vetri, e scioglie finalmente quella corazza da cui è stata protetta fino a
questo momento. Non c’è niente nelle sue stanze, nulla che le possa davvero
piacere; eppure qualcosa la tiene quasi inchiodata là dentro, come se non ci
fosse altro luogo capace di darle una rassicurazione paragonabile a quella che
prova.
Si muovono le tende della sua finestra ancora socchiusa,
lei adesso si perde a girare per casa con calma, conservando la voglia perenne
di tornare ad uscire, di spingersi di nuovo là fuori ad affrontare tutto ciò
che può trovarsi di fronte. La finestra le parla, le dice qualcosa che pare
quasi una nenia infantile, un sussurro a cui lei non riesce in nessun modo ad
opporsi; infine si siede però, e riesce a rilassarsi davvero: la sua tenda ora
è ferma, gli infissi, con l’ultimo piccolo colpo di vento, si sono chiusi da
sé, e lei adesso è tranquilla: il dialogo può continuare.
Bruno Magnolfi
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