Ho sbagliato qualcosa, è evidente. Sono entrato dentro al
negozio mentre già mi sentivo confuso, poi inspiegabilmente non c'era al
momento proprio nessuno dietro a quel banco, e tra gli scaffali e le casse
neanche un cliente. Così mi sono guardato attorno, ho atteso paziente che
qualcuno giungesse, ed intanto ho messo la mano dentro la tasca, come per
cercare quei due spiccioli che a volte riesco anche a spendere. Quando è
arrivato il proprietario, un uomo di mezza età senza pretese, quasi per un
automatismo avevo già steso il mio dito indice dentro la tasca, mettendolo per
bene in vista anche, e proprio come fosse uno scherzo, ho detto con una voce ben
camuffata, bassa e decisa: apri la cassa prima che ti procuri un foro in mezzo alla
pancia. Lui mi ha guardato con gli occhi sbarrati, ha obbedito alla svelta, e sembrava
tremare persino, come se tutta quella messinscena fosse una vera rapina, tanto
che io stavo per mettermi a ridere e dirgli che era soltanto uno scherzo, ma
lui mi ha messo davanti quel sacco di bigliettoni che mi hanno subito tolto
ogni voglia di ridere.
Li ho presi, inutile giraci attorno, e sono uscito alla
svelta da dentro quel tugurio da morti di fame, dimenticandomi persino di
salutare quel tizio pauroso. Ho evitato da quel momento tutti i posti che
conoscevo, sono andato a dormire in una baracca che era come una cuccia per
cani, ed è trascorso in questo modo un tempo sicuramente sufficiente per farmi
tirare un respiro di sollievo e tranquillizzarmi. In tutto questo periodo i
soldi sono sempre stati con me, mi pare evidente, ed ho pure evitato di spendere
anche uno soltanto di quei bei biglietti di banca.
Adesso, dopo tutte queste settimane, mi sento abbastanza tranquillo,
giro per strada e chiedo un po' d'elemosina, come ho sempre fatto d'altronde, e
soltanto qualche volta mi trovo di notte a graffiare una macchina, o a gettare
in terra due o tre motorini parcheggiati per bene, giusto per mostrare il
disprezzo che continuo a nutrire verso un po’tutti. È la mia maniera per
sentirmi diverso, anche se alla fine, se ci penso per bene, non mi pare neanche
di essere messo malissimo. Nessuno mi ha mai chiesto niente, almeno fino ad
oggi, e dentro la fodera cucita della mia giacca, sento sempre con le mani la forma
dei miei bigliettoni sparsi che dormono lì, nell'attesa di essere spesi.
Poi ieri sera mi viene la voglia di metterli tutti per
bene, così apro la fodera mentre sono in un posto nascosto da solo, e faccio con
calma dei mucchietti che metto insieme con degli elastici che mi sono
procurato. Sistemo tutto quanto dentro una scatola, e lascio fuori soltanto tre
o quattro banconote, pronte per essere spese. Così questa mattina, dopo aver
sotterrato la scatola in un posto veramente sicuro, me ne vado un po’ in giro a
testa alta e le mani affondate dentro le tasche, come fossi il più ricco di
tutto il quartiere. Mi prendo ovviamente tutta la calma del mondo, cammino su e
giù per un sacco di strade prima di mettere a fuoco il posto che più mi piace,
e infine mi decido ad entrare in un bar ristorante, proprio per sedermi e farmi
servire un pasto esattamente come si deve. Mi guardano subito male quei
camerieri sospettosi, ma faccio vedere che in tasca c’ho i soldi, e quindi mi
mettono davanti senza battere ciglio tutto quello che chiedo. Mangio ogni
piatto con grande soddisfazione e alla fine loro mi portano il conto, senza che
io mi sogni di fare neppure una smorfia; tiro fuori con grande scena i
quattrini che servono, il tizio che sta lì ad aspettare lì prende, li guarda
con calma, li saggia, e subito dopo mi dice, con severità: questi sono falsi,
si vede benissimo.
Bruno Magnolfi
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