venerdì 25 novembre 2016

Nessuna illusione.

          
            Sono vuoto, nonostante in apparenza tenti sempre di mostrarmi come una persona curiosa di qualunque situazione si presenti. In fondo non mi interessa proprio nulla di quanto viene spiegato da tutti continuamente; fingo regolarmente di apprezzare le novità, di starmene abbastanza aggiornato, ascoltando ogni individuo che mi parla con espressione attenta, ma in realtà vorrei soltanto sbadigliare e coricarmi sul divano di casa per non pensare più a niente. Qualcuno potrebbe appellarmi come egoista indifferente a tutto, ma dentro di me non c’è nessuna volontà precisa di tipo negativo, non provo rancore per niente e per nessuno, perché non ci sono reali scelte che abbia davvero fatto prima o dopo. Non ho passioni, tutto qua, vado avanti senza mettere impegno nelle mie azioni, scelgo sempre la via senz’altro più comoda anche per raggiungere qualche semplice obiettivo. E poi non cerco neanche le cose migliori per le mie esigenze, mi lascio galleggiare nella normalità, spesso senza muovere neppure un muscolo.
            Esco certe volte con un amico, e lui in certi casi riesce a trascinarmi persino in qualche locale, probabilmente proprio per avere il tempo di raccontarmi le sue giornate, i suoi interessi, la sua volontà. Io rido, lo ascolto, mi lascio guidare da lui nei luoghi e in mezzo ai suoi discorsi, poi quando torniamo lo ringrazio e rientro in casa esausto, riprendendo subito i miei comportamenti abituali. A che serve tutto questo, mi chiedo a volte. Forse dovrei starmene sempre nel mio appartamento, alla ricerca perenne della posizione più comoda magari per ascoltare semplicemente a basso volume qualche canzonetta che trasmette questa radio alla quale lascio riempire il silenzio. Lui invece mi telefona, dice: si potrebbe andare al cinema, o in una birreria che conosco, piena di ragazze carine. Va bene, come vuoi, gli dico. Ti aspetto qui, puoi passare a prendermi.
            Poi, in un posto dove mi sono lasciato portare, incontro questa ragazza silenziosa. Mi guarda per un attimo, e lascia con naturalezza che io le offra da bere. Le chiedo qualcosa, lei risponde, ma in seguito non mi guarda neanche più: dice soltanto le brevi frasi che servono al dialogo e poi basta. Mi rendo conto che se non proseguo a farle delle domande non riusciamo più neanche a parlare, così mi volto, guardo avanti a me, e tanto per riempire il vuoto, inizio a dirle che non ho interessi, e che di questo forse provo dispiacere. Mi sento privo di voglie, le spiego, mi sembra tutto quanto così difficile che preferisco non lottare, pur di evitare delle sconfitte impegnative. Non posso essere un esempio per nessuno, ne sono consapevole, però tutto questo è assolutamente il frutto della mia natura, che forse in certi casi mi fa anche vergognare, questo è vero, ma devo assecondarla, e così mi limito a nasconderla non parlandone mai con anima viva, e fingendo con tutti di essere come uno qualsiasi, impersonando quasi sempre ciò che gli altri desiderano vedere nella mia persona.
            Lei allora si volta, mi guarda, non sembra particolarmente impressionata dalle mie parole, però avverto che qualche cosa si è mosso dentro di lei. Beve un sorso, poi dice di andarcene da lì, che non abbiamo niente da fare in questo postaccio. Si parla, ma lei non dice quasi niente di sé, solo che è stufa di tutto, perché qualsiasi cosa abbia tentato, non è mai riuscita a farla diventare qualcosa di importante per il suo futuro. Ascolto: le dico riassumendo che siamo ambedue amareggiati da qualcosa, e ne sorrido, così facciamo un giro e poi senza enfasi alla fine ci salutiamo, che tanto appare evidente che non ci può essere un futuro per due come noi: è bene prenderne subito atto, penso, senza farci alcuna illusione.


Bruno Magnolfi

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