Sono
vuoto, nonostante in apparenza tenti sempre di mostrarmi come una persona
curiosa di qualunque situazione si presenti. In fondo non mi interessa proprio
nulla di quanto viene spiegato da tutti continuamente; fingo regolarmente di
apprezzare le novità, di starmene abbastanza aggiornato, ascoltando ogni
individuo che mi parla con espressione attenta, ma in realtà vorrei soltanto
sbadigliare e coricarmi sul divano di casa per non pensare più a niente.
Qualcuno potrebbe appellarmi come egoista indifferente a tutto, ma dentro di me
non c’è nessuna volontà precisa di tipo negativo, non provo rancore per niente
e per nessuno, perché non ci sono reali scelte che abbia davvero fatto prima o
dopo. Non ho passioni, tutto qua, vado avanti senza mettere impegno nelle mie azioni,
scelgo sempre la via senz’altro più comoda anche per raggiungere qualche
semplice obiettivo. E poi non cerco neanche le cose migliori per le mie
esigenze, mi lascio galleggiare nella normalità, spesso senza muovere neppure un
muscolo.
Esco
certe volte con un amico, e lui in certi casi riesce a trascinarmi persino in
qualche locale, probabilmente proprio per avere il tempo di raccontarmi le sue
giornate, i suoi interessi, la sua volontà. Io rido, lo ascolto, mi lascio
guidare da lui nei luoghi e in mezzo ai suoi discorsi, poi quando torniamo lo
ringrazio e rientro in casa esausto, riprendendo subito i miei comportamenti
abituali. A che serve tutto questo, mi chiedo a volte. Forse dovrei starmene
sempre nel mio appartamento, alla ricerca perenne della posizione più comoda magari
per ascoltare semplicemente a basso volume qualche canzonetta che trasmette questa
radio alla quale lascio riempire il silenzio. Lui invece mi telefona, dice: si
potrebbe andare al cinema, o in una birreria che conosco, piena di ragazze
carine. Va bene, come vuoi, gli dico. Ti aspetto qui, puoi passare a prendermi.
Poi,
in un posto dove mi sono lasciato portare, incontro questa ragazza silenziosa.
Mi guarda per un attimo, e lascia con naturalezza che io le offra da bere. Le
chiedo qualcosa, lei risponde, ma in seguito non mi guarda neanche più: dice
soltanto le brevi frasi che servono al dialogo e poi basta. Mi rendo conto che
se non proseguo a farle delle domande non riusciamo più neanche a parlare, così
mi volto, guardo avanti a me, e tanto per riempire il vuoto, inizio a dirle che
non ho interessi, e che di questo forse provo dispiacere. Mi sento privo di
voglie, le spiego, mi sembra tutto quanto così difficile che preferisco non
lottare, pur di evitare delle sconfitte impegnative. Non posso essere un
esempio per nessuno, ne sono consapevole, però tutto questo è assolutamente il
frutto della mia natura, che forse in certi casi mi fa anche vergognare, questo
è vero, ma devo assecondarla, e così mi limito a nasconderla non parlandone mai
con anima viva, e fingendo con tutti di essere come uno qualsiasi, impersonando
quasi sempre ciò che gli altri desiderano vedere nella mia persona.
Lei
allora si volta, mi guarda, non sembra particolarmente impressionata dalle mie
parole, però avverto che qualche cosa si è mosso dentro di lei. Beve un sorso,
poi dice di andarcene da lì, che non abbiamo niente da fare in questo postaccio.
Si parla, ma lei non dice quasi niente di sé, solo che è stufa di tutto, perché
qualsiasi cosa abbia tentato, non è mai riuscita a farla diventare qualcosa di
importante per il suo futuro. Ascolto: le dico riassumendo che siamo ambedue
amareggiati da qualcosa, e ne sorrido, così facciamo un giro e poi senza enfasi
alla fine ci salutiamo, che tanto appare evidente che non ci può essere un
futuro per due come noi: è bene prenderne subito atto, penso, senza farci
alcuna illusione.
Bruno Magnolfi
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