Tutto sommato vorrei fare anche io quello che fanno tutti gli altri, perché
non mi basta più svegliarmi presto la mattina, organizzare alla svelta tutti i
miei pensieri, e infine scegliere con parsimonia le varie attività di cui
occuparmi durante la giornata. Vorrei qualcosa in più, sentirmi in mezzo a
quella gente a cui forse assomiglio, con cui posso parlare, scambiare delle
opinioni senza pretese, quasi comuni, avendo soprattutto piena certezza di
essere compreso da tutti loro.
Esco da casa, arrivo fino al supermercato, acquisto velocemente tutto ciò
che mi serve e lo infilo in una busta. Poi mi guardo intorno, e mi sento già abbastanza
impegnato, assorbito da quei comportamenti anche se in fondo sembrano ordinari
e necessari, però anche concreti; così infine torno nel mio appartamento, e
mentre sistemo nella dispensa le compere che ho fatto, sento inevitabilmente di
avere già perduto una parte almeno di tutto il mio entusiasmo. Quando esco di
nuovo, le attività delle persone mi sembrano adesso più estranee ai miei
pensieri, e vedo attorno a me la gente camminare sopra ai marciapiedi, ognuno
di loro impegnato per i fatti propri, tanto che anche io come tutti cerco di
assumere il medesimo comportamento, anche se adesso non mi pare di assomigliare
proprio a nessun altro. Entro in un caffè, cerco di attaccare discorso con
qualche sfaccendato, tanto per scambiare quattro chiacchiere, ma sembra abbiano
tutti molta fretta, esclusa una signora, grande fumatrice, che giustifica il
suo recarsi in quel locale soltanto perché fornito delle sue amate sigarette.
Dice, guardando l’orologio, che deve prendere un traghetto per le isole,
sembra anche nervosa per questo motivo, anche se non ne capisco appieno la
ragione, e così io l'accompagno fino al porto, mentre lei continua tutto il
tempo a fumare e a parlarmi della sua famiglia. Io non dico niente, mi limito
ad annuire e a cercare di comprendere almeno in parte il suo punto di vista,
anche se mi rimane molto distante; infine la lascio, e lei senza troppi saluti
sale sulla passerella di una nave che sta già scaldando i suoi motori per partire.
Il mare fuori dal molo dicono sia molto agitato, la traversata non sarà uno
scherzo, penso, e in ogni caso non mi attira in questo momento quell'acqua
fredda e burrascosa, anche se ritengo di dover considerare quella come una vera
e propria sfida che prima o dopo ciascuno di noi deve affrontare. Per questo mi
informo sugli orari di partenza delle altre navi durante la giornata, ma alla
fine me ne disinteresso, torno sui miei passi e mi accosto a un pescatore che
sta riparando la sua rete nell’attesa che migliori il tempo.
Torno verso casa, le persone adesso mi sembrano quasi brutali, ognuna
piegata attorno alle sue cose: corrono, alzano una mano in segno di dissidio,
si lanciano a vicenda urla e imprecazioni quasi per niente, e alla fine nessuno
di loro appare un po’ sereno. Entro in un negozio dove vendono del pane, e mi
faccio dare una focaccia. Qualcuno mi guarda di traverso, tutti pronti a vedere
se ho davvero con me i soldi per pagare, ma io bofonchio qualcosa al loro
indirizzo e torno sulla strada. Adesso vorrei che la signora fumatrice fosse
ancora qui, con me, che mi spiegasse qualcosa che mi sfugge: soprattutto il
motivo per cui a nessuno tra coloro che incontro per la strada gli venga mai in
mente di battermi una mano sulla spalla e dirmi che va davvero tutto bene, che
le mie maniere sono quelle giuste, e che siamo tutti amici, ci possiamo
aiutare, ed è certo come non ci siano assolutamente dei problemi. Mi sento
solo, lontano dagli altri, per questo prima o dopo vorrei davvero attraversare
il mare: proprio per arrivare a scoprire se da un’altra parte esistono quegli
elementi che adesso paiono sfuggirmi, sembrano assenti, e soprattutto in nessun
modo fanno parte purtroppo delle mie giornate.
Bruno Magnolfi
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