mercoledì 18 gennaio 2017

Ragioni insondabili.

            

Certe volte lui, stando fermo e seduto a guardare qualcosa sul muro di fronte che agli altri risulta del tutto incomprensibile, sembra proprio che resti in quella posizione soltanto per ascoltare chi gli rimane vicino, e così ai soliti irriducibili che trascorrono il pomeriggio in quel caffè di paese, non resta che gettargli ogni tanto un’occhiata, e tenerlo sotto controllo insomma, per proseguire come sempre a ridere e a raccontare ognuno le proprie storie, cercando di non mostrare neppure la minima preoccupazione nei confronti della sua inevitabile presenza a quei tavolini. Quando poi lui alla fine si alza ed esce lentamente da quel locale, tutti però tirano un piccolo sospiro di sollievo, perché quel sentirlo vicino in fondo è inquietante, ed in molti forse temono i suoi comportamenti, anche se a dire il vero non ha mai fatto del male a nessuno.
Il tempo non è buono, gli dice sorridendo, forse come direbbe a chiunque, qualcuno che lo riconosce mentre sta arrivando lungo la strada, incrociandolo proprio sulla porta; e lui risponde qualcosa di affermativo con i suoi gesti minuti e le maniere da vecchio professore a riposo, la testa piena di teorie, e le molte convinzioni date da un carattere che sembra lo porti a non cambiare facilmente opinione. Però si ferma, oramai sul marciapiede, e guarda in alto, verso quel cielo grigio e poco incoraggiante, riconoscendo tra sé che forse tornerà persino a piovere. Non sembra avere impegni, a giudicare dai suoi movimenti, in ogni caso per abitudine tende a guardare le cose generalmente con attenzione, studiando ogni particolare e soffermandosi nell’osservare qualsiasi elemento intorno a sé che sia degno di nota.
Sta a lungo lì, in piedi, a riguardare la via dove transita solo qualche macchina ogni tanto, e la sua presenza comunque non rende del tutto leggera l’atmosfera che si porta attorno. Quando infine si decide ad andarsene attraversando la strada e prendendo per un marciapiede, una donna si affaccia dalla finestra, e lo chiama col suo nome, mostrando di conoscerlo piuttosto bene. Lui alza lo sguardo, si ferma, indugia a lungo su ciò che vede, infine torna ad abbassare la testa lanciando in aria solamente un semplice gesto di saluto con una mano. Ma l'altra insiste, anche se lui adesso sembra quasi ignorarla. Ti chiama tua sorella, dice qualcuno che transita lungo la strada, così lui si volta per rendersi conto chi sia che intende farsi in maniera così spudorata i fatti degli altri. Cosa c’è, dice alla fine a quella donna che ancora lo chiama. Niente, fa lei, volevo solo sapere se va tutto bene. Certo, fa lui; tutto come al solito.
Quindi fa ancora due passi, poi però torna a fermarsi e a rivolgere lo sguardo ancora verso quella finestra. E a te come va?, chiede con voce appena sufficiente a farsi sentire da sua sorella. Non molto bene, fa lei: dice il dottore che forse dovrò subire un’operazione chirurgica. Ho capito, fa lui, mi pare una cosa importante, non mi sembra la maniera giusta quella di parlarne per strada. Adesso non ho tempo, prosegue, ma domani mattina passo senz’altro a farti una visita, così potrai spiegarmi tutto per bene. Con queste parole riprende il suo camminare, fino a sparire dietro ad un angolo. Qualcuno comunque ha sentito quanto è stato detto dai due: sono trent’anni che non si parlano, dice uno dall’altra parte del marciapiede ad un suo amico. E nessuno ha mai compreso la vera ragione di questo silenzio.


Bruno Magnolfi 

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