Ciao mamma, dice il ragazzo rientrando dai suoi soliti giri pomeridiani per
tutto quel quartiere. Lei si affaccia per un attimo alla porta di cucina,
evidentemente impegnata a sfornellare qualcosa, lo guarda subito con severità,
poi sentenzia: vai in bagno a lavarti le mani, come se bastasse solo quello a
togliere almeno dalla propria mente tutto ciò che suo figlio ha potuto fare
fino a poco prima. Lui fischia un motivetto, gira per le stanze, accende la
televisione appoggiata su un mobile basso del salotto-ingresso. Lei, con il
solito grembiule dai colori stinti addosso, si siede sul bracciolo di una
poltroncina. Dove sei stato, chiede a bassa voce mentre osserva senza interesse
lo schermo acceso di fronte a sé. Dietro di lei il ragazzo è già passato dalla
cucina per servirsi di un pezzo di pane strappato con le mani e di un tubetto
di salsa al pomodoro già iniziato. In giro, le fa, senza neanche guardarla
direttamente.
Suona il telefono, è un’amica della donna: lei ride, scambia qualche
battuta con l’altra, si danno appuntamento per qualche cosa, dopo aver
affrontato diversi argomenti frivoli, e infine viene chiusa la comunicazione.
La mamma riprende la sua espressione seria mentre torna in cucina. Il ragazzo
tira fuori un libro ed un quaderno, tanto per far vedere che non dimentica i
suoi compiti scolastici, ma lei poco dopo gli va dietro le spalle per dare
un’occhiata a quello che sta facendo. Compito di matematica domani, dichiara
lui senza girarsi. Se riesci a non alzarti dal libro fino all’ora di cena ti
cucino le frittelle, fa lei. Dai, dice lui, è cosa fatta, puoi iniziare a
prepararle, allora.
Lei lo lascia a quei suoi impegni con un debole sorriso, ma prima che
rirsca ad uscire dalla stanza lui le dice a bruciapelo: domenica, anche se è il
suo giorno, non ci vorrei andare da papà. La mamma torna indietro, si volta
verso il ragazzo, dice: ma lo sai che tuo papà ci tiene. Mi sono stufato, fa
lui, vuole sempre andare a vedere la partita, e a me non frega niente del
calcio. Bé, potresti fare un sacrificio e accontentarlo comunque, dice lei con
un filo leggero di soddisfazione. Lo so, ma non mi trovo, cerca sempre di fare
la persona che ha capito tutto, ed ogni cosa che mi dice sembra sempre una
lezione di vita vissuta, una noia mortale, insomma. Non devi stare con lui per
chissà quanto tempo, fa lei, basta appena un giorno ogni tanto, non ci trovo
niente di difficile, e poi devi considerare che ognuno ha il suo carattere,
dobbiamo cercare tutti di essere magnanimi e sopportare gli altri almeno
qualche volta.
Però tu non lo hai sopportato, dice il ragazzo dopo una pausa. Lei, punta
sul vivo, lo guarda con durezza, poi fa: per me è diverso, stare insieme per
noi era una scelta almeno all’inizio; poi quando ci siamo accorti che non riuscivamo
più a sentirci bene l'uno con l'altra, abbiamo tratto le nostre conclusioni.
Ecco, fa lui, per me è un po’ la stessa cosa, e poi domenica vorrei uscire
insieme a te e portarti in giro a passeggiare, se è una giornata di sole e come
si deve. Va bene, fa lei, ci penserò sopra, più tardi decideremo come sistemare
la faccenda. Adesso studia.
Trascorre mezz'ora, il ragazzo ricomincia a girellare per casa, poi va in
cucina. Hai già finito immagino, dice la mamma. Più o meno, fa lui; allora hai
già pensato cosa dirgli per domenica a papà? Senti, fa lei, se vuoi rimandare
devi alzare il telefono e dirglielo così, senza stare tanto a girarci attorno.
Va bene, dice il ragazzo, fai pure il numero che poi ci parlo. La donna prende
l’apparecchio, compone il numero, poi passa a suo figlio il ricevitore. Avrei
un impegno per domenica, gli dice subito a suo padre dopo i saluti: roba di
ragazzi e di ragazze, ti dispiace se rimandiamo? Va bene, dice il padre, e dopo
qualche altra parola chiudono la conversazione. A posto, dice lui alla mamma,
così domenica posso andarmene in giro coi miei amici. Ma non dovevi portare in
giro me?, dice la mamma. Certo, ma a te ti vedo tutti i giorni, mentre con
questi ragazzi succede solo di rado.
Bruno Magnolfi
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