Non ce ne frega
niente. Si sta bene nella nostra piazza, mezzi sdraiati sopra le panchine.
Normalmente ci guardano tutti quanti nel momento in cui transitano da qui, ma
noi non ci muoviamo mai, siamo sempre fermi nella nostra posizione. Ci fumiamo
qualche cicca, si parla, si ride spesso, quasi di ogni cosa che ci viene detta,
e come sempre si lascia passare lenta tutta la serata, esattamente come fa il
ponte di pietra, nel mezzo del paese, con il fiumiciattolo che gli scorre sotto.
Cosa importa il resto, questa è la nostra casa, il luogo in cui ci sentiamo meglio
e più al sicuro, dove possiamo pensare e dire tutto quello che ci passa per la
mente, senza frenare mai nessuna sillaba delle nostre parole.
Il tempo subisce a volte delle forti accelerazioni,
lo sappiamo. Ma in altri casi rallenta fino a fermarsi, e lascia che tutto
attorno si depositi, tanto da chiamare noi alla calma e alla riflessione su ogni
semplice dettaglio, proprio come si fa con la sabbia bagnata in sospensione nell’acqua
che decanta piano, dopo una tempesta sopra il mare. Accadono certe volte delle
cose senza che si sia riusciti minimamente a prevederle, e magari ci colgono completamente
di sorpresa, ci meraviglia la loro così improbabile comparsa, e in un solo
momento capovolgono tutto quello che sembrava stabilito appena un attimo più
indietro. I risultati spesso sono addirittura difformi e poco comprensibili, forse
pretendono prese di coscienza particolarmente precise, decisioni che magari in
piena tranquillità non si sarebbero nemmeno prese in considerazione.
Ma sono soltanto dei pensieri senza lacci tutti
questi, dei semplici retaggi della mente, possibilità mentali che forse non si
realizzeranno mai, mostrandosi come sono senza alcun aggancio con la materia
più realistica, anche se in ogni caso noi dobbiamo essere pronti anche per
queste remote eventualità, in guardia però contro qualcosa che può sempre
accadere da un momento all’altro, ed è proprio questo il senso più profondo che
stilliamo in ogni momento dal nostro apparente sentirci indifferenti a quanto normalmente
ci circonda.
Ci sentiamo annoiati, è evidente, di tutta questa
terribile monotonia, ma ciò non significa che i nostri sensi siano ormai ovattati,
o che non siamo in grado di reagire al momento in cui ce ne sia davvero il
bisogno. Brace sotto la cenere, nervi tesi sotto alla calma apparente che
pervade. Salutiamo chiunque senza mostrare enfasi, giudichiamo qualsiasi cosa
si possa guardare usando una logica estremamente elastica, che forse manca a
volte di definizione, ma che in generale non ha neppure per noi molta
importanza. Cosa interessa prendere adesso delle vere decisioni: è sufficiente
sentirsi distanti dai problemi, lontani da quanto sembra attanagliare tutti gli
altri.
Sottolineiamo una diversità che spesso non sappiamo
neanche noi quanto sia vera: eppure il nostro più profondo desiderio di non
assomigliare mai a nessuno, ci fa sentire esattamente in questo modo, differenti
dal giudizio che viene emesso su di noi, proprio perché ci sentiamo pronti a disconoscere
ogni volta chi, in quel preciso istante, ce lo sta assegnando, limitandoci a
mostrare il volto inespressivo e ambiguo del pensiero divergente, del tutto incomprensibile
a chi non lo frequenta. Poi però richiudiamo rapidamente tutti quegli emblemi
di cui abbiamo fatto gran mostra, e senza darne alcuna spiegazione, torniamo a
riprendere le nostre esistenze normalizzate in fretta, lasciando indietro
quanto saremo capaci di evidenziare ancora tra pochissimo, appena il tempo di
tornare durante la prossima serata in questa stessa piazza, e di sedersi come
sempre in pose improponibili, con la
testa sgombra dai pensieri che per qualsiasi altro sono tutto, e per noi
niente.
Bruno Magnolfi
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