Soltanto un mazzolino di fiori direttamente
dal mio giardino, ha pensato di dirle lui con semplicità, mentre ormai è già arrivato
davanti al cancello della sua vicina di casa, con una mano ingombra da quelle
piantine, mentre con l’altra preme il pulsante per farsi aprire da Marisa
Carraresi, che dopo qualche attimo effettivamente gli apre il portone di scatto,
e lo osserva seria da sopra il gradino, fissandolo quasi con un’espressione
accigliata, anche se poi gli fa cenno, senza neanche tornare a guardarlo, di
seguirla dentro la sua abitazione.
Vieni a sederti, gli fa precedendolo
nell’ampia cucina. Devo chiederti un’opinione, dice nervosa mentre prende i
fiori e ne infila velocemente i gambi in un vasetto recuperato dal mobile, dove
ha subito messo dell’acqua. Lui si siede vagamente perplesso, poi dice:
sentiamo, anche se sono qui soltanto per farti un saluto. Mia figlia Clara è
sempre più distante da me, fa lei; forse si vede con un ragazzo, ma non è
questa la cosa importante. Il fatto è che appare dal suo comportamento che non
abbiamo quasi più niente da dirci, e così da qualche giorno i nostri argomenti di
conversazione sono rimasti soltanto quelli deputati a comunicarci i rispettivi orari
di uscita da casa oppure di rientro, o
anche i cibi da cucinare quando ceniamo o pranziamo assieme, o magari gli
acquisti da fare per la prima di noi due che si reca in un qualche negozio.
Non provo del malessere anche se
rimango tanto tempo da sola, dice Marisa, non è questo il punto; credevo però di
avere un ruolo, e secondo la mia opinione parlare con mia figlia in questo era
essenziale, almeno per farle confrontare le sue idee con le mie, darle una
sponda, positiva o negativa che fosse, visto che le sue decisioni da prendere,
alla fine, ho sempre cercato di lasciarle alla sua personalità e alle sue voglie.
Lo so che ormai è grande e che può fare quasi tutto da sé, ma proprio per
questo non riesco a comprendere il motivo per costringermi a tirarmi da parte,
come qualcosa che tutto d’un tratto non serve più.
Vedi, fa lui, oramai noi due siamo
arrivati all’età in cui renderci conto che non riusciremo più ad essere quello
che si era, a fare pur quello che magari abbiamo sempre fatto, ma che adesso
poco per volta non ci è più possibile. Dobbiamo riflettere bene, e renderci
conto che dobbiamo tirarci fuori da certi giochi: è inutile battere i piedi con
la convinzione di non accettare una realtà che ci piace poco. Le cose stanno
così, ed anche se questo discorso non significa affatto che dobbiamo arrenderci
alla vecchiaia, al contempo però deve portarci ad una consapevolezza più alta.
Tua figlia ha bisogno di libertà, di scegliere sapendo di farlo da sola, di
maturare delle convinzioni che sono soltanto le sue, non moderate o plasmate
dalla sua mamma. Anche se la tua opinione è sempre e senz’altro a fin di bene
per lei, forse in questo momento però è soltanto d’impaccio, Clara non ne ha
più bisogno, e tu devi renderti conto di questo.
Va bene, dice Marisa alzandosi dalla
sua sedia e girandosi verso la finestra: forse per troppo tempo ho pensato di
non poter accettare la realtà se non modellandola come la volevo; ma adesso,
all’improvviso, perdo me stessa così, non ho più niente da fare, non ho più una
parte in questa commedia. Io credo di sì, fa lui, e notevolmente importante:
devi soltanto riuscire a cambiare qualcosa di te, e lasciare che il corso delle
cose non sia tu questa volta a deciderlo.
Bruno Magnolfi
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