“Lasciami
perdere”, gli fo subito quando apro l’uscio. Poi mi giro lasciando socchiusa la
porta, ed il mio vicino di casa con l’espressione più seria che riesce ad
assumere, mi segue nel mio piccolo appartamento in affitto. Così prendo due
birre dal frigo, una l’appoggio sul tavolo, e subito dopo apro la mia; lui si
serve senza dire niente. “Ho avuto una giornata pesante oggi, ti concedo
soltanto dieci minuti e poi basta”, gli dico mentre mi siedo. Lui non fiata, mi
guarda per un attimo, butta giù dopo un secondo un bel sorso della sua birra,
poi si alza e fa un giro, come fosse nervoso. E’ chiaro che deve dirmi
qualcosa, però forse non sa da che parte iniziare, e poi non riesce a rendersi
conto se parlarne può tornargli utile oppure
no. Infine affronta l’argomento che gli sta a cuore, e fa: "le ho dato un
appuntamento preciso, e lei mi ha detto che andava bene; ma poi non si è
neanche fatta vedere”. Lascio andare una bella risata, ma dopo un momento mi
freno, perché può sembrare un comportamento offensivo. “Prova di nuovo”, gli fo
con indifferenza.
Lui
attacca come sempre che non sa più che pesci pigliare, che non vuole piegarsi
ai capricci di una ragazzina di quarant’anni, che forse sta sbagliando persona
a cui dare corda, e così via. Lo fermo, gli dico che fino a quando non avrà le
idee chiare nessuno potrà essergli davvero di aiuto. Lui abbassa la testa e
torna a sedersi: si mostra sconfitto, dice che gli pareva stavolta di essere
davvero sulla strada più giusta, di sentirsi in grado di affrontare una vera
relazione, non una cosa tanto per fare. “Va bene”, gli fo; “fai trascorrere
qualche giorno, almeno un paio di settimane, senza fare un bel niente, e vedrai
che qualcosa succede”. Lui annuisce, butta giù un altro sorso della sua birra,
poi appoggia la bottiglia vuota sul tavolo e dice che va via, ed io immagino
che probabilmente farà proprio quello che gli ho suggerito. Lo guardo andarsene
senza girarsi e poi chiudere la porta alle sue spalle, mentre io rimango fermo
dove mi trovo, stanco ed anche affamato.
Mi alzo, apprezzo
il silenzio, trovo nell’armadietto sopra ai fornelli un pezzo di pane ancora
non del tutto indurito, così lo apro in due fette e mi faccio un panino con del
salame che tiro fuori dal frigo. Mi accosto alla finestra per dare un’occhiata
al cortile di sotto. Lo vedo uscire dalla porta sul retro e attraversare lo
spiazzo. Poi alzo il telefono, mi risponde lei con una voce svagata. Le chiedo
se le pare il caso di tenere sulla corda la gente, ma lei ride, dice che si sta
solamente divertendo un pochino. Mi chiede se per caso non abbia voglia di
farla salire da me, ma io le dico che sono stanco, ho voglia solamente di
starmene da solo e riposarmi. Riattacco, finisco la birra, chiudo un attimo gli
occhi. Poi sento bussare alla porta, apro svogliatamente: è di nuovo lui.
"C'è
qualcun altro dietro a questa faccenda", mi fa. Sbuffo, gli dico
semplicemente che non può pretendere di trovare una ragazza immacolata per
farci coppia fissa, ma lui è agitato, dice che non le sembrava una così, si
sente soltanto preso in giro. “Ma lei è soltanto una che ha avuto le sue belle
esperienze, è già stata sposata, non puoi comportarti come se fosse una di
sedici anni”. Lui si siede, dice che adesso ha deciso. Ora vuole soltanto
togliersela dalla testa al più presto, “tanto non potrà masi essere una
relazione tranquilla, e finirà solo per rendermi matto”. Mi sdraio sul mio divano
con le molle sfondate, e poi chiudo gli occhi. “Se hai deciso così è ancora più
facile”, dico. Lui mi guarda mentre io mi metto seduto ed allargo le braccia,
come per dimostrargli che non ho più energie neppure per starlo a sentire. “Tu
sai qualcosa”, mi fa. Lo guardo, respiro, mi rimetto in piedi. “Sei un amico”,
gli dico; “non potrei mai tirare una fregatura ad uno come te. Devi stare
soltanto tranquillo, e smetterla di immaginarti dei complotti da tutte le
parti”.
Bruno
Magnolfi
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