“Basta insomma, dobbiamo finirla”,
dico io con voce alta e rabbiosa, senza avere neanche un vero motivo per fare
così l’irritato. Il fatto è che stasera voglio mettermi in mostra con quelli
che mi conoscono, far vedere che ho anche una forte personalità, delle
caratteristiche spiccate, capaci di farmi tenere testa a chiunque mi si para
davanti, figuriamoci poi a questa combriccola di scellerati che frequentano da
sempre il circolo sociale. Difatti fanno subito tutti un completo silenzio,
aspettando che io continui con quel mio discorso, perché intendono proprio
lasciarmi esprimere appieno il mio pensiero, anche se purtroppo non mi pare di
avere qualcosa di importante da dire. Perciò li guardo mentre tutti mi guardano,
e decido di improvvisare qualche frase, qualcosa che invento così su due piedi,
senza starci neppure troppo a pensare, e quindi riprendo il filo del mio
discorso, con voce alta e roboante ma facendo delle ampie pause, e dico
sostanzialmente che è l’ora di affrontare le novità che stanno bussando alle
porte, e di smetterla con questa flemma insensata.
“Ci sono cose importanti che ci
chiamano all’opera”, fo quasi senza riflettere su quello che dico. “Raccogliere
il nostro amor proprio e tirarci fuori da qui, magari andare per strada, fermarci
a parlare con tutti, far sentire ai nostri concittadini che siamo stufi di trascorrere
la giornata dietro un bicchiere chiacchierando delle solite cose”. Prosegue nell’ampio
locale il silenzio, tanto che ne ho quasi paura. Forse qualcuno tra questi che
mi sono davanti stanno abboccando davvero a quello che dico e sostengo, perché credono
veramente che sia giunto un momento del genere, e forse riflettono questo per
la prima volta, giusto perché qualcuno si è preso la briga di dirglielo. Uno
timidamente alza persino la mano per chiedere a me la parola, ma la faccenda mi
pare così ridicola che volto le spalle a tutti quanti e vado fuori da lì, a
fumarmi una sigaretta all'aperto. Nessuno mi viene dietro, rimangono tutti a
parlare sottovoce tra loro, come complottando qualcosa.
Quando rientro stanno ancora parlando
tra loro, ed in molti adesso mi guardano con espressione quasi incredula, ed
uno mi si avvicina soltanto per dirmi che ho pienamente ragione, è giunta anche
per lui l'ora di darci un taglio definitivo. Mi chiedo che cosa abbia portato
questi tizi a credere in questo modo alle mie vuote parole, perciò vorrei quasi
fare, sul muso di tutti quanti, una bella e fragorosa risata, e cancellare con
un colpo di spugna tutti i discorsi precedenti, ma poi mi trattengo. "Sono
deluso", fo ritrovando d’un tratto il piglio di prima. "Ci sono
individui che trascinano i piedi per noia, e vengono qui soltanto perché non
saprebbero dove altro andare. È una vera scelta invece, quella che si compie
ogni giorno", dico con foga; "inutile fingere di non dare importanza
ad una cosa del genere". Adesso qualcuno mi applaude, ed il cameriere
arriva con un bicchiere di birra sopra un vassoio; "offre la casa",
mi fa, ed io resto sempre più stupito di tutto.
Mi invitano con grandi gesti a sedermi
ad un tavolo, poi tolgono di mezzo le carte da gioco e i bicchieri vuoti dal
piano, e dicono che devo mettere per iscritto quello che ho appena detto, e poi
farne un manifesto solenne che volentieri firmeranno tutti quelli presenti per
mostrare a chiunque il loro consenso. Sento puzza di imbroglio dietro questo
comportamento, e per questo motivo mi rifiuto di scrivere qualsiasi cosa, ma
uno là in mezzo, con mano ferma ed un foglio di carta provvidenziale, si mette
a tradurre in bella calligrafia quello che ho spiegato poc’anzi, mostrando
anche una buona memoria. Ci vuole niente a tirarsi dietro un branco di sciocchi
rifletto; basta alzare la voce, dire quello che tutti si aspettano di sentire,
ed il gioco è già fatto. “Voi siete il futuro di questo circolo per annoiati”,
dico con voce robusta; e parte immediatamente un applauso scrosciante, una
dimostrazione di affetto e di gratitudine, quasi un’ovazione, addirittura.
Bruno Magnolfi
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