"Ho
bisogno di aiuto. Forse anche soltanto per comprendere la mia situazione, visto
che non so neppure spiegarmi come sono capitato qui in mezzo a voi", dico
a questo amico che ho appena conosciuto; "però mi sono reso conto che se
qualcuno non mi dà una mano, presto per me finirà sicuramente poco bene".
Lui mi guarda con sospetto, cerca di alleggerire le mie parole con un
sorrisetto che gli si forma con naturalezza sopra la faccia, poi, guardando
altrove, mi fa: "non capisco da cosa o da chi dovresti essere protetto, in
questa fase". Ed io: "non lo so neppure io di preciso, però ho come
una sensazione, quasi il sospetto di un pericolo che mi sta sovrastando, ecco,
proprio una vera minaccia, ed è probabilmente quella che mi spinge a parlare
anche adesso". Poi mi siedo ad un tavolino, vicino ai giochi elettronici
del bar, dove in diversi stanno buttando i loro soldi. Nessuno si accorge di
me, e probabilmente anche questo amico, mi rendo conto, vorrebbe sganciarsi in
fretta dai miei discorsi, per andarsene al più presto per i fatti propri.
In fondo
tutti hanno ragione ad assumere un comportamento normale tra di loro, ed essere
più sospettosi soltanto con chi non conoscono, in modo da inserire una certa distanza
nei comportamenti. Però non può essere neppure una colpa quella di non
conoscere nessuno e non poter confidare in una qualche persona per comprendere
appieno le cose giuste da compiere. Restare nell’ambiguità è come galleggiare a
malapena in un mare burrascoso: prima o dopo qualche sorso d’acqua finirà nella
bocca, e forse anche dentro ai polmoni. Mi guardo attorno soltanto per rendermi
conto che se non sostengo da solo la mia situazione, nessuno verrà mai a
preoccuparsi di me. Passa l’amico di prima: “potresti magari indicarmi a chi
posso rivolgermi”, gli fo; “forse indicarmi un nome, un indirizzo, un numero di
telefono”. Lui mi guarda; percepisco nei suoi occhi una distanza che
difficilmente comprendo, ma che mi fa capire quanto a volte ci sia di non definito
tra le persone, tanto da portare chiunque verso l’isolamento.
Lascio
perdere: non c’è niente di cui spiegarsi; la realtà è in questo modo, non posso
certo io arrivare qui e pretendere di cambiarla. Poi vado per strada, giro a
lungo nella tarda serata di questo paese dove sono capitato per caso, e dopo
aver percorso le vie principali, torno dentro al locale di prima. Sono tutti
ancora lì, dietro alle macchinette che mangiano soldi, e nessuno di loro si è
preoccupato minimamente di qualcosa d’altro. “Siete persone senza spina
dorsale”, dico a voce alta; “individui che si adagiano facilmente in una situazione
attualmente favorevole, dimenticando del tutto i problemi che da qualche tempo
hanno già superato, lasciandosi alle spalle qualcuno che si trova ad affrontare
adesso le loro stesse condizioni di pochissimi mesi addietro”. Qualcuno si
volta, mi guarda, sulla faccia l’espressione cattiva di chi vuole conservare
quel poco che è riuscito ad ottenere, senza affrontare nessun nuovo sacrificio,
specialmente per aiutare qualcun altro.
Torno a
sedermi ad un tavolino, ed adesso si siede con me anche l’amico di prima, con
il solito sorrisetto stampato sopra la faccia. “Non siamo tutti uguali”, mi fa,
“questo è bene che tu lo capisca. Però devi anche comprendere che ci sono delle
regole da rispettare: si tratta di priorità che persistono, comportamenti che
devono essere adottati da tutti, rispetto per coloro che hanno dovuto
affrontare prima di te i tuoi stessi problemi. Si capisce che tu non possa
arrivare qui come ultimo e pretendere la comprensione immediata del tuo caso; o
addirittura che gli altri prestino piena attenzione ai tuoi problemi, Ci vorrà
tempo, dedizione, pazienza, poi qualche cosa inizierà poco per volta a
sbloccarsi. Ed anche tu a quel punto imparerai, con molta calma, come si
possono affrontare certi argomenti, ed avere infine tutte le risposte che
cerchi”.
Bruno
Magnolfi
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