Fuori
da queste mura di casa ci sono i diavoli. Li sento mentre urlano, vorrebbero
prendermi, ma io resto qui, nel mio angolo, vicino alla finestra con le tende
ben tirate, e poco alla volta su questo tavolino porto avanti il lavoro dei
disegni, non mi lascio impaurire da loro. Sento fuori le automobili che
corrono, con i loro motori frastornanti, e le frenate in cui si adoprano,
vicino ai marciapiedi, a cercare di impaurire quei pedoni che si arrischiano a
camminare lungo le strade scure, sporche, interminabili, avvolte dallo smog e
dalla polvere.
Mi
chiedo certe volte cosa mai sia tutto questo; poi rifletto meglio che a me in
fondo non importa, non mi interessa niente, io i diavoli li evito, ho trovato
il sistema, e resto qui, fermo a questo mio tavolo. Disegno poco alla volta i
loro gesti inconsulti, le loro espressioni assurde, e tutto questo riesce a
tenerli lontano dal mio tavolo, dai miei fogli di carta, dalle mie immagini
fatte a lapis e a carboncino.
Li
sento bussare certe volte, su al piano superiore, o in altri casi direttamente
alla finestra. Non li temo, le imposte sono ben chiuse, anche le tende le
lascio ben tirate, che neanche uno spiraglio, di luce, di sguardo, di chissà
cos’altro, possa arrivare da fuori fin sul mio tavolo. Continuo a disegnare,
per giorni e giorni, senza mai stancarmi, con i lapis e con i carboncini, loro
lo sanno, sono sicuro che vorrebbero strappare tutti i miei fogli, gettare via
le mie matite, ma non permetterò mai una cosa di quel genere.
I
miei familiari entrano nella stanza per portarmi la minestra e un po’ di pane,
mettono tutto sopra al tavolo, accanto ai miei disegni; a volte mi chiedono
qualcosa, di andare insieme a loro, di uscire per strada, a respirare l’aria: io
fingo sempre di non comprendere quello che mi dicono, di non sentire nemmeno le
parole. Resto qui, i diavoli non mi avranno, non riusciranno a confrontarsi con
i miei disegni, perché lo sanno che la realtà è fuggevole, e ce l’ho io, con
me, sopra questo tavolo; è con me la realtà, lo sanno, ma non possono
assolutamente farci niente.
Bruno
Magnolfi
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