La
chiave, una volta inserita dentro la toppa, nel cassetto della scrivania,
girava ancora perfettamente. Il dott. Vincenzo da anni l’aveva tenuta nascosta
tra le pagine di un libro posto in alto nella sua libreria, e soltanto agli
inizi l’aveva fatta girare qualche volta nella serratura, ma adesso, e da tanto
tempo, fingeva regolarmente, persino con se stesso, di dimenticarsi di quella
cosa riposta all’interno, anche se in fondo piuttosto importante, comportandosi
proprio come se quel cassetto non esistesse neppure. Se ci ripensava non si
ricordava neanche per quale motivo avesse acquistato al mercato nero una
pistola semiautomatica come quella che teneva custodita là dentro, ma
inizialmente si era sentito protetto da quella, capace di difendersi da
qualunque sopruso, assolutamente padrone della propria esistenza.
Praticamente,
ne era cosciente, quell’arma da fuoco non aveva mai sparato, neppure una volta,
forse ne era persino incapace, magari difettosa, oppure inesorabilmente
inceppata da sempre, ma soltanto il fatto di possedere un oggetto del genere,
per il dott. Vincenzo, specialmente negli anni in cui si era sentito più
giovane, più aitante, facile preda delle passioni, era stato come un considerarsi
maggiormente sicuro di sé, capace di sostenere, soltanto per il fatto di custodirla,
qualsiasi accesa discussione con quei suoi colleghi di lavoro, per esempio,
oppure con i conoscenti al caffè che spesso frequentava, dove certe volte si
era messo con un grande impegno a parlare di politica coinvolgendo anche tutti i
presenti, e ad esprimere e sostenere pubblicamente e con particolare veemenza
le proprie idee.
Non
c’è niente di male, aveva pensato molte volte il dott. Vincenzo: ognuno ha
diritto di coltivare un suo piccolo segreto, tenere qualcosa nascosto che
riguarda soltanto la sua intimità, che lo rende più forte nelle sue
consapevolezze, e poi bisogna sempre fare i conti con un mondo sempre più
ostile, che non lascia mai troppi margini alla propria incolumità, è bene
averne coscienza, aveva pensato, e compiere anche dei passi in perfetta
coerenza con questa idea, secondo lui, era assolutamente legittimo.
Non
gli era mai neanche venuta la voglia di rivelare questa cosa a qualcuno, e in
fondo, pensava adesso, aveva fatto bene senz’altro, perché non si sa mai cosa
possa immaginare una persona secondo la quale, pur riponendo in lei tutta la
fiducia possibile, un elemento del genere lasci scoprire peculiarità ben
nascoste, fino magari a rivelare, proprio di fronte a qualcosa di quel tipo,
che custodisce una personalità assolutamente diversa da quella che ti saresti
aspettato. Certo, il dott. Vincenzo ne era più che consapevole, quel segreto
era qualcosa di suo, assolutamente calato tra le sue cose più intime, ma ciò
nonostante la voglia di rivelare a tutti quella sua spudoratezza, era sempre
stato senz’altro un elemento in certi casi scarsamente alienabile.
Con
questa consapevolezza, perciò, aveva riposto nella tasca della sua giacca
quella pistola, e come in preda ad un colpo di testa che non lasciava grandi
spazi al raziocinio, era uscito da casa per recarsi al solito caffè, dove si
faceva vedere quasi ogni sera. Era entrato già in preda ad una certa
agitazione, che immaginava comunque di riuscire a camuffare, e si era fermato
accanto ad un tavolo dove alcune persone che conosceva stavano in quel momento discutendo
tra loro con una certa passione. Aveva sorriso, all’inizio; aveva salutato i
presenti; aveva ascoltato qualche parola, poi si era lasciato trascinare da
quei discorsi in una risata forte e forse illogica, fino a che tutti lo avevano
guardato. Era stato allora che il dott. Vincenzo aveva estratto la sua arma da
fuoco, e con un gesto lento e ben calibrato, conservando il suo sorriso
pazzoide sopra la faccia, si era rivolto la canna alla tempia. Tutti si erano
paralizzati, e lui, con indifferenza, aveva premuto il grilletto, ottenendo
soltanto uno scatto meccanico senza alcuna detonazione. Allora aveva riso, riso
di gusto fino alle lacrime, di fronte a tutti quanti che parevano inebetiti, e
in mezzo a quella situazione così assurda, aveva allora sparato contro lo
specchio del bar, mandandolo assolutamente in frantumi.
Bruno
Magnolfi
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