Durante
la prima sequenza, si osserva un uomo seduto dentro una stanza, e alle sue
spalle, su un vecchio divano, suo padre, una persona ormai anziana, mentre sta
leggendo un articolo sopra un giornale, senza, almeno in apparenza, minimamente
preoccuparsi di altro. L’uomo lentamente si alza, osserva di sfuggita suo padre,
e nota come sempre la sua espressione di indifferenza, poi dice: devo
prepararmi ad uscire, ormai è quasi ora. Muove la sedia sistemandola in modo
ordinato a fianco del tavolo, e produce così, senza intenzione, un breve stridente
rumore. L’anziano si scosta soltanto per un attimo, appare però infastidito,
come se avesse perduto inesorabilmente la sua concentrazione, così si alza pur con
evidenti difficoltà e va alla finestra, come per osservare l’uscita da casa di
suo figlio ancora prima che quell’azione si compia. L’uomo invece va in camera
sua, si prepara, indossa la giacca, ricorda a se stesso di mettere in tasca le
chiavi di casa, il suo portamonete, alcuni documenti di cui può avere bisogno.
La
sequenza successiva mostra il medesimo uomo mentre saluta suo padre, si
raccomanda a lui per le cose anche più ovvie, e cerca di rassicurarlo, semmai
ce ne fosse bisogno, sul fatto che tornerà presto, da lì a un paio d’ore e non
oltre; il padre annuisce ma quasi sbuffando, non sembra particolarmente
interessato a quell’argomento, si nota però, con grande evidenza, che mal
sopporta di suo figlio quel parlargli come fosse un povero deficiente. E al
contrario di quanto immagina l’altro, sembra anzi che sia ben contento di
rimanere da solo, e senza mai osservare suo figlio, prosegue a muoversi come
può dentro la stanza, senza però decidersi a niente, rimanendo soltanto nella
semplice attesa nervosa di non avere più intorno quella presenza. Infine
l’uomo, prima di uscire da casa, si accosta a quel tavolo dove prima stava
seduto; forse vorrebbe salutare in maniera affettuosa suo padre, rassicurarlo di
nuovo in qualche maniera, ma non lo fa, e i suoi piccoli gesti assumono il
senso di un’indecisione perenne che suo padre sembra proprio mal sopportare.
Durante
la terza sequenza, appena l’uomo ha finito di rendersi conto che non ha ormai
altro da fare se non chiudere la porta alle sue spalle, suo padre, rimasto da
solo, appare finalmente a suo agio, torna a sedersi su quel divano, riprende
nelle mani il giornale che stava leggendo, e tutto sembra perdere quel senso di
vago conflitto che si era quasi creato precedentemente tra loro due. Ma il
figlio torna indietro, riapre la porta con le sue chiavi, spiega trafelato che
stava quasi per dimenticarsi di qualcosa estremamente importante. Suo padre
appare serio e scocciato, appunta lo sguardo sulla sua faccia, dice che alla
sua età è sempre più necessaria la calma, che tutto scorra tranquillo, senza
quei fastidiosi problemi che sembrano crearsi continuamente all’interno di
quella casa. Il figlio è perplesso, resta immobile, lo guarda. Infine balbetta
qualcosa, poi torna ad uscire.
Suo
padre, durante la quarta sequenza, rimasto finalmente da solo, pensa che forse
potrebbe uscire anche lui, se solo potesse, ma quel godersi la casa senza la
presenza fastidiosa di quel figlio così incerto su tutto, è proprio qualcosa a
cui non può rinunciare. Così torna a sedersi, riprende in mano il giornale che
stava leggendo, si piazza comodo sopra al divano, e alla fine si ritrova a
pensare che forse la sua vita è ormai ridotta a qualcosa di estremamente
essenziale: oscillare tra una legittima richiesta di solitudine, ed una incapacità
incombente a provvedere a se stesso senza alcun aiuto; non c’è compromesso tra
questi due aspetti, pensa; tanto vale abituarsi.
Bruno
Magnolfi
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