lunedì 24 settembre 2012

Il compromesso (ripresa cinematografica n. 16).


            
            Durante la prima sequenza, si osserva un uomo seduto dentro una stanza, e alle sue spalle, su un vecchio divano, suo padre, una persona ormai anziana, mentre sta leggendo un articolo sopra un giornale, senza, almeno in apparenza, minimamente preoccuparsi di altro. L’uomo lentamente si alza, osserva di sfuggita suo padre, e nota come sempre la sua espressione di indifferenza, poi dice: devo prepararmi ad uscire, ormai è quasi ora. Muove la sedia sistemandola in modo ordinato a fianco del tavolo, e produce così, senza intenzione, un breve stridente rumore. L’anziano si scosta soltanto per un attimo, appare però infastidito, come se avesse perduto inesorabilmente la sua concentrazione, così si alza pur con evidenti difficoltà e va alla finestra, come per osservare l’uscita da casa di suo figlio ancora prima che quell’azione si compia. L’uomo invece va in camera sua, si prepara, indossa la giacca, ricorda a se stesso di mettere in tasca le chiavi di casa, il suo portamonete, alcuni documenti di cui può avere bisogno.
            La sequenza successiva mostra il medesimo uomo mentre saluta suo padre, si raccomanda a lui per le cose anche più ovvie, e cerca di rassicurarlo, semmai ce ne fosse bisogno, sul fatto che tornerà presto, da lì a un paio d’ore e non oltre; il padre annuisce ma quasi sbuffando, non sembra particolarmente interessato a quell’argomento, si nota però, con grande evidenza, che mal sopporta di suo figlio quel parlargli come fosse un povero deficiente. E al contrario di quanto immagina l’altro, sembra anzi che sia ben contento di rimanere da solo, e senza mai osservare suo figlio, prosegue a muoversi come può dentro la stanza, senza però decidersi a niente, rimanendo soltanto nella semplice attesa nervosa di non avere più intorno quella presenza. Infine l’uomo, prima di uscire da casa, si accosta a quel tavolo dove prima stava seduto; forse vorrebbe salutare in maniera affettuosa suo padre, rassicurarlo di nuovo in qualche maniera, ma non lo fa, e i suoi piccoli gesti assumono il senso di un’indecisione perenne che suo padre sembra proprio mal sopportare.
            Durante la terza sequenza, appena l’uomo ha finito di rendersi conto che non ha ormai altro da fare se non chiudere la porta alle sue spalle, suo padre, rimasto da solo, appare finalmente a suo agio, torna a sedersi su quel divano, riprende nelle mani il giornale che stava leggendo, e tutto sembra perdere quel senso di vago conflitto che si era quasi creato precedentemente tra loro due. Ma il figlio torna indietro, riapre la porta con le sue chiavi, spiega trafelato che stava quasi per dimenticarsi di qualcosa estremamente importante. Suo padre appare serio e scocciato, appunta lo sguardo sulla sua faccia, dice che alla sua età è sempre più necessaria la calma, che tutto scorra tranquillo, senza quei fastidiosi problemi che sembrano crearsi continuamente all’interno di quella casa. Il figlio è perplesso, resta immobile, lo guarda. Infine balbetta qualcosa, poi torna ad uscire.  
            Suo padre, durante la quarta sequenza, rimasto finalmente da solo, pensa che forse potrebbe uscire anche lui, se solo potesse, ma quel godersi la casa senza la presenza fastidiosa di quel figlio così incerto su tutto, è proprio qualcosa a cui non può rinunciare. Così torna a sedersi, riprende in mano il giornale che stava leggendo, si piazza comodo sopra al divano, e alla fine si ritrova a pensare che forse la sua vita è ormai ridotta a qualcosa di estremamente essenziale: oscillare tra una legittima richiesta di solitudine, ed una incapacità incombente a provvedere a se stesso senza alcun aiuto; non c’è compromesso tra questi due aspetti, pensa; tanto vale abituarsi.

            Bruno Magnolfi

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