Guido
la mia auto come sempre, mentre torno a casa dopo una normale giornata di
lavoro. La strada che percorro è la medesima, gli altri veicoli che transitano
accanto a me si comportano più o meno come sempre: rallentano, certe volte,
oppure mi sorpassano, magari cercano un parcheggio, in certi casi svolgono
delle manovre un po’ azzardate e pericolose. Io proseguo a guidare con tutta la
calma di sempre, non ho nessuna fretta, penso ai fatti miei e immagino qualcosa
per impiegare in qualche modo la serata, giusto per rilassarmi e trascorrere
un’ora di tranquillità.
Certe
volte, quando mi trovo nel mio appartamento, penso che sarei preda del
nervosismo più estremo, se non avessi coscienza che giù in strada c’è la mia
auto parcheggiata, e che in qualsiasi momento può mettersi in moto e
trasportarmi dove voglio, anche lontano da dove mi trovo, senza problemi. Per
me è importante sapere che esiste una via di fuga, un mezzo attraverso il quale
posso salvarmi da una situazione di stallo, di immobilità. Uno come me ha
continuamente bisogno di sapere che in un attimo può spingersi anche lontano da
dove si trova, dal quartiere dove abita, da questa città, dalle abitudini che
lo avvolgono quasi ogni giorno. Già, perché non c’è niente che mi risulta più
insopportabile che sentirmi un ostaggio della situazione, come se fossi
costretto, per esempio stasera, a starmene in casa. Probabilmente, per mia
volontà, non uscirò nemmeno dal mio appartamento, penso, ma sapere che non
posso farlo mi rende assolutamente irascibile.
Così
decido di passare sotto alle finestre di una ragazza che conosco da tempo,
prima di andarmene a parcheggiare davanti al portone del mio palazzo. Abita
poco lontano, in una piazzetta dove posso fermare la macchina ed osservare bene
le cose, con tutta la tranquillità di cui ho voglia. Faccio così, difatti, ma
le finestre sono accostate e lei sembra non esserci; ma dopo un po’ ecco che
esce dal suo portone, così sporgo un braccio dal finestrino, la saluto, lei sorride
e viene verso di me. Le chiedo cosa faccia, dove stia andando, ma lei si
schernisce, dice che deve solo andare a comprare qualcosa per casa. La invito a
salire sulla mia auto e lei accetta.
Si
fa un giro lentissimo intorno al quartiere, poi dico che forse si potrebbe
andare a bere qualcosa in un bar, ma lei non dice niente, come se accettasse da
subito tutto quello che io sono pronto a proporle. Le dico per scherzo che si
potrebbe andarcene al mare, fare una corsa fin là per goderci lo spettacolo delle
onde e dell’orizzonte al tramonto. Lei ride, non dice ancora niente, così io
continuo a guidare, ma intanto comincio a prendere proprio per quella
direzione. Usciamo dalla città, si prende la superstrada, il motore della mia
auto sale di giri, ed io mi sento contento.
Ascoltiamo la radio, ci scambiamo poche parole, guardiamo la luce fuori
dal parabrezza e improvvisamente ci sentiamo quasi felici, liberi di poter fare
qualsiasi tipo di scelta. Ecco, penso senza dire niente, è sufficiente anche
una cosa del genere per farmi sentire a posto; perfettamente.
Bruno
Magnolfi
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