giovedì 12 giugno 2025

Allontanarsi.


Sto fermo in un angolo, tra le case, e guardo davanti a me lo spiazzo del campo sportivo, dove i ragazzi corrono avanti e indietro per fare allenamento. Le persone come sono io generalmente se ne fregano degli altri, ma per me è diverso: io vado sempre a caccia di variazioni, di spiragli, di indicazioni, piccoli rivelatori di quel cambiamento a mio parere necessario al giorno d’oggi. Uno tra loro ha la pelle molto scura, non lo avevo mai notato in paese, forse è un ragazzo arrivato tra noi da poco, un immigrato capitato qui chissà in quale maniera. Mi avvicino alla rete perimetrale, e noto che qualcuno si volta a guardarmi, ma per ora tutti quanti non dicono niente, non mi prendono in giro come sempre, forse perché c’è il loro allenatore là in mezzo che controlla il comportamento di ciascuno. Giocano una partita di calcio adesso, e il ragazzo di colore sembra correre più forte di tutti sopra al campo di terra, come se fosse nato soltanto per fare quello. Si avvicina a me dalle spalle un uomo che conosco di vista, sorride senza guardarmi, e infine dice: <<Ciao, Toni Boi, non sapevo che ti interessassi anche del calcio. Sembra che abbiamo un nuovo acquisto tra le fila della squadra, uno che corre forte, e che magari sarà capace di variare le sorti del torneo tra squadre>>.

Annuisco, in fondo è vero che non mi interesso di questa disciplina, però sono incuriosito da questo ragazzo nuovo, mi pare quasi che possa già portare in mezzo agli altri una buona ventata di aria nuova. Non c’è da urlare, non c’è da strepitare come faccio sempre quando sono in mezzo a tutti: qui c’è qualcosa su cui riflettere profondamente, un elemento nuovo dal quale potrebbero emergere dei miglioramenti per la nostra cittadinanza, quella spinta fondamentale a progredire, a far evolvere i sentimenti più opportuni per mettersi finalmente alle spalle un periodo triste e negativo come questo. <<Sembra che giochi piuttosto bene>>, dice ancora l’uomo; <<Con un po’ di allenamento probabilmente riuscirebbe a tirare fuori il meglio da quei piedi e quelle gambe. Certo, non è uno di noi, però se tutto ciò potesse servire allo scopo di far scalare la classifica del torneo ai nostri colori, sarebbe sicuramente una buona cosa >>. Mi scosto dalla rete, non voglio sentir parlare ancora questo tizio che riesce soltanto a esprimere delle banalità: dobbiamo impegnarci tutti per il miglioramento generale, cambiare poco per volta i fondamenti sociali, progredire dal punto di vista dello stare assieme, mica vincere qualche partita di calcio con i ragazzi del paese.

     Mi allontano: avrei voluto sapere qualcosa di più di questa persona di colore, comprendere da dove viene, come vive, cosa si aspetta da un posto come questo; ma non sarà facile per uno come me, deriso da tutti come sono, riuscire ad avere delle notizie di questo genere. Però credo che un piccolo passo verso il cambiamento sia stato già compiuto con l’assorbire nel tessuto sociale della nostra cittadina un individuo così diverso; spero che a nessuno venga a mente di provocargli dei problemi. Percorro la strada che porta verso la piazzetta principale, e poi mi fermo vicino ad una panchina, come per aspettare che qualcuno si avvicini e che parli delle novità che oggi si sono viste in giro. Passa un po’ di tempo, ed alla fine un gruppetto di quei ragazzi che fino a poco prima giocavano al calcio, mi sfiora senza guardarmi. Camminando dicono qualcosa su quel nuovo arrivo nella squadra, e sembrano tutti d’accordo nel considerarlo senz’altro un loro estraneo: <<Fossi stato l’allenatore non lo avrei proprio invitato in campo>>, dice uno di loro. <<Se al prossimo appuntamento decide di tornare, io credo che non mi farò più vedere per un po’ di tempo>>, dice un altro. <<È evidente che corra più forte di noi, ma lui è cresciuto dentro alla savana, dove non hanno altro che le gambe per muoversi da un posto all’altro, sono abituati>>. Poi tutti ridono, come se farsi grandi con certe banalità fosse un principio di condivisione di tutte le opinioni possibili.

Urlo adesso, emetto suoni senza significato, come sempre, disturbo chi mi sta vicino, faccio in maniera che tutti si allontanino, che mi tengano a distanza, mi additino come il matto del paese, soltanto perché non riesco ad essere d’accordo con quello che mi tocca di ascoltare. Infine, arrivano due uomini che già conosco, uno è il sindaco del nostro paese, l’altro è l’allenatore dei ragazzi. <<Ciao, Toni Boi>>, mi fanno. <<Tu non parli mai con nessuno, ma sicuramente hai un’opinione precisa su quel ragazzo di colore che da qualche tempo si vede in giro. Forse, se ci impegniamo tutti quanti, riusciamo anche a farlo sentire accolto, a creargli attorno quasi una nuova famiglia, visto che è da solo. Però ci vorrà del tempo, ogni cosa procederà per gradi, anche se è evidente che riusciremo prima o dopo a farlo sentire quasi a casa, proprio come uno di noi, un nostro vero concittadino>>. Poi i due ridono, come avessero detto tra loro qualcosa di spiritoso, ed io sull’immediato avrei quasi voglia di ricominciare ad urlare ancora, anche se poi mi limito soltanto ad allontanarmi.   

 

Bruno Magnolfi

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