Sto
fermo in un angolo, tra le case, e guardo davanti a me lo spiazzo del campo
sportivo, dove i ragazzi corrono avanti e indietro per fare allenamento. Le
persone come sono io generalmente se ne fregano degli altri, ma per me è
diverso: io vado sempre a caccia di variazioni, di spiragli, di indicazioni,
piccoli rivelatori di quel cambiamento a mio parere necessario al giorno
d’oggi. Uno tra loro ha la pelle molto scura, non lo avevo mai notato in paese,
forse è un ragazzo arrivato tra noi da poco, un immigrato capitato qui chissà
in quale maniera. Mi avvicino alla rete perimetrale, e noto che qualcuno si
volta a guardarmi, ma per ora tutti quanti non dicono niente, non mi prendono
in giro come sempre, forse perché c’è il loro allenatore là in mezzo che
controlla il comportamento di ciascuno. Giocano una partita di calcio adesso, e
il ragazzo di colore sembra correre più forte di tutti sopra al campo di terra,
come se fosse nato soltanto per fare quello. Si avvicina a me dalle spalle un
uomo che conosco di vista, sorride senza guardarmi, e infine dice:
<<Ciao, Toni Boi, non sapevo che ti interessassi anche del calcio. Sembra
che abbiamo un nuovo acquisto tra le fila della squadra, uno che corre forte, e
che magari sarà capace di variare le sorti del torneo tra squadre>>.
Annuisco,
in fondo è vero che non mi interesso di questa disciplina, però sono
incuriosito da questo ragazzo nuovo, mi pare quasi che possa già portare in
mezzo agli altri una buona ventata di aria nuova. Non c’è da urlare, non c’è da
strepitare come faccio sempre quando sono in mezzo a tutti: qui c’è qualcosa su
cui riflettere profondamente, un elemento nuovo dal quale potrebbero emergere dei
miglioramenti per la nostra cittadinanza, quella spinta fondamentale a
progredire, a far evolvere i sentimenti più opportuni per mettersi finalmente
alle spalle un periodo triste e negativo come questo. <<Sembra che giochi
piuttosto bene>>, dice ancora l’uomo; <<Con un po’ di allenamento
probabilmente riuscirebbe a tirare fuori il meglio da quei piedi e quelle
gambe. Certo, non è uno di noi, però se tutto ciò potesse servire allo scopo di
far scalare la classifica del torneo ai nostri colori, sarebbe sicuramente una buona
cosa >>. Mi scosto dalla rete, non voglio sentir parlare ancora questo
tizio che riesce soltanto a esprimere delle banalità: dobbiamo impegnarci tutti
per il miglioramento generale, cambiare poco per volta i fondamenti sociali, progredire
dal punto di vista dello stare assieme, mica vincere qualche partita di calcio
con i ragazzi del paese.
Mi
allontano: avrei voluto sapere qualcosa di più di questa persona di colore, comprendere
da dove viene, come vive, cosa si aspetta da un posto come questo; ma non sarà
facile per uno come me, deriso da tutti come sono, riuscire ad avere delle notizie
di questo genere. Però credo che un piccolo passo verso il cambiamento sia stato
già compiuto con l’assorbire nel tessuto sociale della nostra cittadina un
individuo così diverso; spero che a nessuno venga a mente di provocargli dei
problemi. Percorro la strada che porta verso la piazzetta principale, e poi mi
fermo vicino ad una panchina, come per aspettare che qualcuno si avvicini e che
parli delle novità che oggi si sono viste in giro. Passa un po’ di tempo, ed
alla fine un gruppetto di quei ragazzi che fino a poco prima giocavano al
calcio, mi sfiora senza guardarmi. Camminando dicono qualcosa su quel nuovo
arrivo nella squadra, e sembrano tutti d’accordo nel considerarlo senz’altro un
loro estraneo: <<Fossi stato l’allenatore non lo avrei proprio invitato
in campo>>, dice uno di loro. <<Se al prossimo appuntamento decide
di tornare, io credo che non mi farò più vedere per un po’ di tempo>>,
dice un altro. <<È evidente che corra più forte di noi, ma lui è
cresciuto dentro alla savana, dove non hanno altro che le gambe per muoversi da
un posto all’altro, sono abituati>>. Poi tutti ridono, come se farsi
grandi con certe banalità fosse un principio di condivisione di tutte le
opinioni possibili.
Urlo
adesso, emetto suoni senza significato, come sempre, disturbo chi mi sta
vicino, faccio in maniera che tutti si allontanino, che mi tengano a distanza, mi
additino come il matto del paese, soltanto perché non riesco ad essere
d’accordo con quello che mi tocca di ascoltare. Infine, arrivano due uomini che
già conosco, uno è il sindaco del nostro paese, l’altro è l’allenatore dei
ragazzi. <<Ciao, Toni Boi>>, mi fanno. <<Tu non parli mai con
nessuno, ma sicuramente hai un’opinione precisa su quel ragazzo di colore che
da qualche tempo si vede in giro. Forse, se ci impegniamo tutti quanti,
riusciamo anche a farlo sentire accolto, a creargli attorno quasi una nuova
famiglia, visto che è da solo. Però ci vorrà del tempo, ogni cosa procederà per
gradi, anche se è evidente che riusciremo prima o dopo a farlo sentire quasi a
casa, proprio come uno di noi, un nostro vero concittadino>>. Poi i due
ridono, come avessero detto tra loro qualcosa di spiritoso, ed io sull’immediato
avrei quasi voglia di ricominciare ad urlare ancora, anche se poi mi limito soltanto
ad allontanarmi.
Bruno
Magnolfi
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