martedì 17 giugno 2025

Cammina.


            Cammina; cammina, continuava a ripetersi lui nella testa. Non sai cosa ci sarà alla fine di tutto, però tu devi camminare, e trovare un piccolo lampo di luce in mezzo alle tenebre. A Niocke piacerebbe descrivere il suo lungo viaggio, parlare di tutte le sofferenze subite, scrivere o far scrivere a qualcuno il proprio diario, giorno dopo giorno, attimo per attimo, ma è ancora presto, deve togliersi ancora da dosso questa vergogna, questo senso di umiliazione che ha riservato la vita a persone come lui, nate forse nel luogo più sbagliato di tutti per poter aspirare ad un’esistenza normale. Solo questa parola gli batte ancora dentro la testa, adesso, continuamente: cammina; cammina, senza voltarti, che la tua debolezza sarebbe la fine per te. Solo un puntino insignificante nel mondo, che si muove attraverso paesi di cui non conosce un bel niente, che la maggior parte delle volte rifiutano gli individui che cercano un modo qualsiasi per sopravvivere, a meno che quegli ultimi della terra non abbiano qualcosa da scambiare direttamente con la propria vita: dei soldi, dei maledetti soldi che tutto riescono a comprare, persino il futuro. Non avrebbe mai immaginato, Niocke, di ritrovarsi a smontare dei pezzi d’automobile in un piccolo centro abitato d’Europa, questa terra osservata certe volte da piccolo su qualche cartina geografica, adesso sotto di sé, su cui può camminare, o fermarsi, o percorrere in qualsiasi direzione desideri, e poi proseguire a ritenersi già fortunato per avere avuto un’opportunità così per andare avanti, per mostrarsi finalmente persona, e non più un semplice numero senza alcun riferimento preciso.

            Con Aldo non parla molto: lascia che lui gli spieghi con qualche gesto e poche parole ciò che deve fare stamani, domani, o in questo momento, e Niocke lo fa, non può essere altrimenti, non c’è da chiedere altro, solo eseguire in silenzio, e intanto incamerare dentro di sé le informazioni su tutto ciò da cui è circondato: come si comportano le persone che giungono nell’officina, come sono costruite le macchine che lui e Aldo prendono in carico per essere riparate, e quella piccola soddisfazione che giunge quando un motore scarburato riprende alla fine a girare come un vero orologio. Nessun sorriso, nessun orgoglio, nessun bisogno di essere definito bravo, quando sa bene di non essere ancora capace a far bene moltissime cose: cammina; cammina avanti, la strada è ancora lunga e difficile, e ancora non si vede un vero punto d’arrivo, solo qualche piccola tappa intermedia, che non sarà mai essenziale nei confronti di tutto il resto. Poco per volta qualcuno sta accettando la sua presenza nel piccolo centro abitato: ancora ridono in molti, dicono qualcosa che Niocke non riesce del tutto a comprendere, ma che a lui in fondo neppure interessa, perché gli basta conservare la propria espressione sempre seria, quella di chi ha tutto ancora da perdere, anche soltanto per esprimere un debole sorriso, per mostrare il compiacimento per qualcosa che sembra sempre sfuggirgli.

            Niocke cammina, il percorso della sua esistenza ha ancora molta strada davanti, e lui è consapevole che fino a quando non sarà in grado di comprendere a fondo l’animo delle persone che si trova di fronte ogni giorno, quelli che lo guardano, lo studiano, che elaborano un parere, per formarsi immediatamente dopo un giudizio, senza neppure che lui dica niente, ecco, non sarà ancora una vera persona, soltanto un ragazzo di colore, piovuto qui chissà come, forse solo a mostrare un segno dei tempi. Aldo Ferretti, con la sua officina sporca, però sempre efficiente, è un uomo scorbutico ma senza alcun pregiudizio. Forse ha compreso benissimo ciò che corre veloce dentro la testa di Niocke, e a lui forse non interessa neppure troppo sapere quali siano i suoi propositi, i suoi desideri, oppure i suoi sogni: c’è da svolgere del lavoro qua dentro, sostituire una marmitta forata, registrare le valvole di un motore che fuma troppo, cambiare l’olio o le candele sotto al cofano di una vettura che appare quasi esausta, sfinita di chilometri e di giri di cinghia, ma si possono far camminare ancora quelle sue ruote, ed è questa la speranza di tutti e per tutto.

            Anche troppo presto è giunto quell’invito a giocare al pallone con gli altri ragazzi di quel piccolo centro abitato: ancora Niocke non sa quale comportamento sia il caso di adottare in mezzo a quelle persone che lo guardano fuori dal campo, non sa come verrà giudicato, non sa se sia il caso di mostrarsi al meglio di sé, oppure se mettersi umilmente al servizio degli altri, come un gregario senza troppe capacità individuali; però sa che molte cose dipendono da ogni suo gesto, da qualsiasi piccola azione sarà capace di mostrare o meno agli altri giocatori. Lui conserva la propria espressione seria, senza alcun compiacimento nelle cose che compie. E poi cammina, continua sempre a camminare, perché è questa l’unica vera attività che prima o dopo potrà portarlo ad acquisire quella personalità che adesso nessuno desidera regalargli: lui è soltanto un povero immigrato, un diverso, e sa che è appannaggio solamente di Niocke comprendere quali possono essere i passi migliori da compiere per diventare davvero semplicemente persona.

 

            Bruno Magnolfi

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