Cammina;
cammina, continuava a ripetersi lui nella testa. Non sai cosa ci sarà alla fine
di tutto, però tu devi camminare, e trovare un piccolo lampo di luce in mezzo
alle tenebre. A Niocke piacerebbe descrivere il suo lungo viaggio, parlare di
tutte le sofferenze subite, scrivere o far scrivere a qualcuno il proprio
diario, giorno dopo giorno, attimo per attimo, ma è ancora presto, deve
togliersi ancora da dosso questa vergogna, questo senso di umiliazione che ha
riservato la vita a persone come lui, nate forse nel luogo più sbagliato di
tutti per poter aspirare ad un’esistenza normale. Solo questa parola gli batte
ancora dentro la testa, adesso, continuamente: cammina; cammina, senza
voltarti, che la tua debolezza sarebbe la fine per te. Solo un puntino
insignificante nel mondo, che si muove attraverso paesi di cui non conosce un
bel niente, che la maggior parte delle volte rifiutano gli individui che
cercano un modo qualsiasi per sopravvivere, a meno che quegli ultimi della
terra non abbiano qualcosa da scambiare direttamente con la propria vita: dei
soldi, dei maledetti soldi che tutto riescono a comprare, persino il futuro.
Non avrebbe mai immaginato, Niocke, di ritrovarsi a smontare dei pezzi
d’automobile in un piccolo centro abitato d’Europa, questa terra osservata certe
volte da piccolo su qualche cartina geografica, adesso sotto di sé, su cui può
camminare, o fermarsi, o percorrere in qualsiasi direzione desideri, e poi
proseguire a ritenersi già fortunato per avere avuto un’opportunità così per
andare avanti, per mostrarsi finalmente persona, e non più un semplice numero
senza alcun riferimento preciso.
Con Aldo
non parla molto: lascia che lui gli spieghi con qualche gesto e poche parole
ciò che deve fare stamani, domani, o in questo momento, e Niocke lo fa, non può
essere altrimenti, non c’è da chiedere altro, solo eseguire in silenzio, e
intanto incamerare dentro di sé le informazioni su tutto ciò da cui è
circondato: come si comportano le persone che giungono nell’officina, come sono
costruite le macchine che lui e Aldo prendono in carico per essere riparate, e
quella piccola soddisfazione che giunge quando un motore scarburato riprende
alla fine a girare come un vero orologio. Nessun sorriso, nessun orgoglio,
nessun bisogno di essere definito bravo, quando sa bene di non essere ancora
capace a far bene moltissime cose: cammina; cammina avanti, la strada è ancora
lunga e difficile, e ancora non si vede un vero punto d’arrivo, solo qualche
piccola tappa intermedia, che non sarà mai essenziale nei confronti di tutto il
resto. Poco per volta qualcuno sta accettando la sua presenza nel piccolo
centro abitato: ancora ridono in molti, dicono qualcosa che Niocke non riesce
del tutto a comprendere, ma che a lui in fondo neppure interessa, perché gli
basta conservare la propria espressione sempre seria, quella di chi ha tutto
ancora da perdere, anche soltanto per esprimere un debole sorriso, per mostrare
il compiacimento per qualcosa che sembra sempre sfuggirgli.
Niocke
cammina, il percorso della sua esistenza ha ancora molta strada davanti, e lui
è consapevole che fino a quando non sarà in grado di comprendere a fondo
l’animo delle persone che si trova di fronte ogni giorno, quelli che lo
guardano, lo studiano, che elaborano un parere, per formarsi immediatamente dopo
un giudizio, senza neppure che lui dica niente, ecco, non sarà ancora una vera
persona, soltanto un ragazzo di colore, piovuto qui chissà come, forse solo a
mostrare un segno dei tempi. Aldo Ferretti, con la sua officina sporca, però
sempre efficiente, è un uomo scorbutico ma senza alcun pregiudizio. Forse ha
compreso benissimo ciò che corre veloce dentro la testa di Niocke, e a lui
forse non interessa neppure troppo sapere quali siano i suoi propositi, i suoi
desideri, oppure i suoi sogni: c’è da svolgere del lavoro qua dentro,
sostituire una marmitta forata, registrare le valvole di un motore che fuma
troppo, cambiare l’olio o le candele sotto al cofano di una vettura che appare
quasi esausta, sfinita di chilometri e di giri di cinghia, ma si possono far
camminare ancora quelle sue ruote, ed è questa la speranza di tutti e per
tutto.
Anche
troppo presto è giunto quell’invito a giocare al pallone con gli altri ragazzi
di quel piccolo centro abitato: ancora Niocke non sa quale comportamento sia il
caso di adottare in mezzo a quelle persone che lo guardano fuori dal campo, non
sa come verrà giudicato, non sa se sia il caso di mostrarsi al meglio di sé,
oppure se mettersi umilmente al servizio degli altri, come un gregario senza
troppe capacità individuali; però sa che molte cose dipendono da ogni suo
gesto, da qualsiasi piccola azione sarà capace di mostrare o meno agli altri
giocatori. Lui conserva la propria espressione seria, senza alcun compiacimento
nelle cose che compie. E poi cammina, continua sempre a camminare, perché è
questa l’unica vera attività che prima o dopo potrà portarlo ad acquisire
quella personalità che adesso nessuno desidera regalargli: lui è soltanto un povero
immigrato, un diverso, e sa che è appannaggio solamente di Niocke comprendere
quali possono essere i passi migliori da compiere per diventare davvero
semplicemente persona.
Bruno
Magnolfi
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