In fondo
anche oggi sembra proprio una giornata identica a tutte le altre. Antonio esce
da casa per andare nella sua amata biblioteca del paese, un paio di libri da
restituire sotto al braccio, la consapevolezza che l’evolversi delle cose
descritta in tutte quelle pagine che lui continua a divorare, non stia
avvenendo affatto, e intorno alla sua persona, lungo la strada che percorre a
piedi e senza alcuna fretta, niente appare differente da ciò che è stato ieri,
o magari il giorno addietro. Eppure, sembra avvertire, anche se solo dentro di
sé, una consapevolezza nuova, come se qualcosa avesse iniziato finalmente a
muoversi, a cambiare, pur in modo nascosto, senza mostrarne una prova evidente.
Antonio non saprebbe spiegare il motivo per cui ha iniziato da tanti anni a
questa parte a rinchiudersi dentro sé stesso, a non parlare più con nessuno, a
mostrarsi diverso da tutti, un matto, come dicono alcuni. Forse gesticola
mentre cammina per strada, forse alla sua maniera si esprime con qualcuno, forse
porta ancora accanto a sé proprio una figura immaginaria alla quale certe volte
sembra riferirsi, e magari gli è sufficiente sapere che c’è questa persona di
fiducia al suo fianco, per ritenere superfluo, oppure addirittura inutile, o addirittura
dannoso, qualsiasi riferimento ad altri.
L’incomprensione
di tutti nei suoi confronti, denota la sua certezza di avere delle opinioni molto
più avanti per i tempi che corrono, ed il fatto che sia del tutto inutile per
lui parlarne agli altri, è semplice dimostrazione che tanto il suo punto di
vista non verrebbe mai del tutto capito. Sui libri che consulta diverse volte ha
trovato descritte le esperienze di individui che per un motivo o per l’altro si
sono chiusi al mondo, e Antonio desidera essere uno di loro, una persona che medita
e riflette su tutto, come preparandosi a delle rivelazioni improvvise, rivelazioni
che sembrano però sempre destinate ad essere procrastinate ad altri periodi
futuri. In biblioteca l’impiegata come sempre lo saluta, accoglie i libri in
prestito che lui restituisce, si lascia citare i volumi che vorrebbe consultare
in questo momento, come se non li avesse già spulciati in altri momenti e in altri
periodi, come se quelle fossero ai suoi occhi delle pagine del tutto nuove. E
forse è così: in mezzo alle righe della scrittura è sempre possibile trovare
nuovi spunti, frasi sibilline colte in maniera un po’ superficiale, oppure non
comprese affatto, quasi che gli occhi e la mente bramassero di continuo il
risultato finale di una frase, di una pagina, di un intero libro, senza
soffermarsi per il tempo opportuno su ogni piccolo elemento magari un po’
sfuggente ad una interpretazione ben corretta.
Antonio,
con una vecchia matita, prende costantemente degli appunti su dei fogli singoli
che ripiega su sé stessi e ripone in una tasca. Prima o dopo riordinerà tutto
il materiale che sta mettendo insieme, darà un senso a tutto il suo leggere e
consultare, e poi lo mostrerà a qualcuno, farà vedere il risultato dei suoi
studi, e la teoria finale che sarà in grado di dimostrare sarà la prova che il
suo tempo non è mai stato sprecato, anzi, ha avuto tutta l’importanza che
meritava, fin dagli inizi. Si guarda attorno e si sente bene, a posto, sa che
il suo compito non può essere che quello, ed anche se chi lo incontra lungo la strada
spesso pensa di lui che è soltanto un povero svitato, prima o dopo dovrà
ricredersi sulle sue capacità, davanti alla dimostrazione chiara del suo preciso
percorso mentale. Tra tutti i cittadini di questa frazione di provincia,
probabilmente Antonio si sente quello che più di ogni altro lavora per ottenere
una definizione vera e accettabile di futuro, qualcosa che sia la soluzione
chiara a quanto proprio non sta andando per il verso giusto.
<<Suo
fratello non è pazzo>>, aveva detto la dottoressa Lari della clinica
psichiatrica a sua sorella Teresa, mentre Antonio riusciva ad origliare la loro
conversazione grazie ad una porta rimasta socchiusa. <<Indubbiamente è
stato preda di una forte e lunga depressione, e così per sopravvivere si è
inventato una scatola quasi chiusa agli altri, dove impasta continuamente delle
idee e tanti pensieri>>. A lui era quasi piaciuta quella definizione detta
in parole povere, anche se Teresa aveva compreso che sarebbe stato difficile
farlo tornare ad una accettabile normalità. Normalità, una parola del tutto
insensata al giorno d’oggi, ma che significava nella testa di sua sorella che
non avrebbe avuto bisogno degli altri per tirare avanti. <<Non si può
fare molto affidamento su di lui: appare sfuggente, lunatico, certe volte
irresponsabile, però con il tempo ci sono delle possibilità di
miglioramento>>. Così Teresa aveva preso gli incartamenti che la
dottoressa Lari le aveva preparato, ed era uscita da quell’ambulatorio,
trovando suo fratello ancora seduto, con gli occhi bassi, nella stessa
posizione in cui lo aveva lasciato. Eccolo l’errore principale, avrebbe voluto gridarle
lui in quel momento: credere che niente sia destinato a cambiare, e che tutto
sia definitivamente in questa maniera. Ma era rimasto in silenzio, forse per
una scelta che semplificasse le cose per tutti, magari anche per lei.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento