L’allenamento
dei ragazzi, dopo un primo riscaldamento costituito da una semplice e lenta corsa
fuori dalle linee di fondo campo, sembra adesso procedere con qualche
incertezza: i giocatori parlano tra loro, qualcuno ride senza prendere troppo
sul serio il loro allenatore, e gli esercizi ginnici ripetuti per sciogliere al
meglio i muscoli che servono sul campo da gioco, sembrano una vera noia prima
di iniziare finalmente a toccare il pallone con i piedi. Oltre la rete
perimetrale del rettangolo di terra battuta, interrotta da qualche filo d’erba
qua e là, Niocke osserva i suoi coetanei con le loro invidiabili magliette colorate,
senza che nessuno, tra coloro che si muovono avanti e indietro su quello
spiazzo alla fine delle case, lo abbia minimamente notato, almeno fino adesso.
Vengono poi distribuiti i palloni, ed i ragazzi, divisi in coppie, iniziano a scambiare
dei passaggi a breve distanza, cercando di mettere in mostra ognuno le proprie
abilità di piede. È a quel punto che l’allenatore si avvicina alla rete,
osserva per un attimo Niocke, e quindi gli dice, scandendo bene le proprie parole,
che qualcuno gli ha parlato del suo desiderio di giocare al calcio, e visto che
oramai si trova lì lo invita ad indossare un paio di scarpette che può trovare negli
spogliatoi, e di farsi vedere sul campo.
Lui è
serio, le scarpe usate che trova gli vanno un po’ strette, ma è disposto a
qualsiasi sacrificio pur di imparare qualcosa di nuovo e di conoscere qualcuno
che non sia un cliente dell’officina dove lavora durante tutta la settimana. L’allenatore,
che tutti chiamano Ronni, almeno quando i ragazzi si riferiscono a lui
direttamente, ma che nel momento in cui si trova più lontano e non può sentire
viene subito soprannominato Brontolo, gli dice di fare una bella corsa al bordo
del campo, mentre tutti, pur continuando a palleggiare, ovviamente lo
osservano. Niocke, appena si mette in movimento dimostra subito un’elasticità
delle gambe invidiabile: agli inizi corre senza avere una gran fretta, proprio come
aveva visto fare agli altri, ma poi accelera, poco per volta, mostrando
facilmente le sue innate capacità di corridore. Dopo sei o sette giri di campo
così, Ronni lo fa avvicinare: non sembra neppure affaticato, e non ha neppure
una goccia di sudore sopra la fronte. L’allenatore allora gli passa un pallone,
e lui, pur senza mostrare delle abilità particolari, dimostra subito di aver giocato
al calcio già parecchie volte, magari soltanto per ridere oppure per
divertirsi, evidentemente in quella parte di mondo da cui proviene.
Scambia dei
passaggi con uno dei ragazzi di fronte, si impegna a non perdere mai di vista
quel benedetto pallone, e lo tiene vicino al piede, quando lo sta controllando,
come se da quella capacità dipendesse poi tutto il resto. Quindi tutti i
ragazzi si spostano verso una delle due porte del campo, e l’allenatore fa
muovere i giocatori, uno per volta, in modo da riuscire ad effettuare un tiro a
rete con il massimo di precisione e di determinazione. Lui non sembra molto
efficace in questo, ma è questione di tecnica, con un certo numero di lezioni
potrebbe migliorare moltissimo, visto che adesso dimostra di giocare quasi solo
per istinto. Alla fine della mattinata, quando Ronni permette a tutti di
disputare una breve partita dividendo i ragazzi in due squadre, a Niocke viene dato
il ruolo di difensore, ma quando il pallone arriva proprio dalla sua parte, lui
si slancia subito in avanti, sviluppando così la sua corsa notevole, e mentre
controlla la sfera nei confronti dei suoi avversari, in un attimo si avvicina alla
porta dell’altra squadra. Poi cade, dopo uno scontro un po’ duro con uno dei
ragazzi, ma quello che forse voleva dimostrare in un attimo è apparso subito chiaro.
Ronni allora lo sposta al ruolo di attaccante libero, e qui lui mostra di
essere maggiormente a proprio agio.
Quando poi smettono,
l’allenatore, pur senza complimentarsi direttamente con lui, gli dice che se
vorrà svolgere qualche allenamento ulteriore, probabilmente in seguito potrebbe
farlo giocare nella squadra del paese, e Niocke lo ringrazia, senza mai sorridere
comunque, e abbassando poi lo sguardo come ha imparato a fare da un bel po’ di
tempo. I ragazzi gli chiedono il nome, quando sono tutti negli spogliatoi, ma
poi continuano a ridere e scherzare tra di loro, come sempre. Ovvio che non
sarà facile per lui, e soprattutto ci vorrà del tempo, e anche pazienza, prima
di potersi sentire davvero in squadra insieme a tutti; però, almeno per adesso,
nessuno lo ha deriso per essere un ragazzo con la pelle scura, anche se il
figlio del sindaco stamani non si è fatto avanti, non si è fatto riconoscere, forse
per non essere additato lui stesso per aver trascinato un immigrato a giocare al
calcio insieme a loro. Niocke è paziente, gli pare già un gran passo avanti per
lui aver potuto condividere con altri ragazzi della sua stessa età una piccola
passione come quella del calcio. Più avanti conoscerà meglio tutti quanti, e magari
potrà addirittura entrare in sintonia con qualcuno di loro.
Bruno
Magnolfi
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