domenica 8 giugno 2025

Calmo equilibrio.


Mi parve che tutto cambiasse, in quei giorni confusi, persino da un attimo all’altro. Mio fratello appariva già notevolmente assente nei confronti della nostra famiglia, ma la grave ed improvvisa malattia di nostra madre dette una specie di mazzata definitiva ai nostri reciproci tentennamenti circa le strade da prendere nel futuro. Io ero più grande di Antonio, svolgevo già un lavoro di dipendente come ragioniera, e frequentavo un fidanzato con cui uscivo ogni tanto, in maniera comunque non troppo assidua. Ciò che io e mia madre fino a quel momento avevamo preso scarsamente in considerazione invece, e cioè quella personalità chiusa e contemporaneamente strampalata di mio fratello, divenne nell’arco di quel breve lasso di tempo la nostra più grande preoccupazione. Lei fu ricoverata in ospedale, ed iniziò una serie lunghissima di fasi alterne durante le quali pareva proporci, con il suo stato di salute, delle piccole speranze che venivano presto ed ogni volta spazzate via dalla realtà dei fatti. Antonio intanto appariva quasi indifferente a tutto questo, o meglio, con un probabile grande sforzo su sé stesso, riusciva a mostrare un atteggiamento quasi distaccato dalla sofferenza altrui, anche se riuscivamo facilmente ad immaginarne la propria falsità di fondo. La mamma, sdraiata nel suo letto, mi disse, mentre lui non c’era, che la sua più forte preoccupazione era che il suo figlio maschio trovasse in qualche modo una collocazione stabile. <<Dovrai pensarci tu>>, disse con un fiato, senza troppo guardarmi, ed io annuii, anche se replicai subito che le mie speranze e quelle di tutti erano riposte naturalmente nella sua guarigione da quella brutta malattia, e che certi discorsi apparivano quindi del tutto prematuri.

Se Toni comunque in quel periodo era apparso un ragazzo un po' strano, da quei momenti in avanti lo fu ancora di più: smise del tutto, dopo aver saltato interi periodi, di frequentare la scuola dove era stato iscritto dalla mamma, ed i suoi orari di uscita da casa iniziarono ad essere i più imprevedibili, tanto da alzarsi dal letto durante la notte, certe volte, e sgattaiolare fuori per chissà dove, forse lungo le strade deserte del nostro paese, fino quasi al mattino. Inutili con lui i rimproveri o le preghiere: Antonio pareva posseduto da una volontà che non riusciva neppure lui a controllare, e ogni occasione pareva buona per stupirci con i suoi incomprensibili comportamenti. La mamma, avvertita da me della sua condotta inusuale, provò più di una volta a parlargli, spiegando con un filo di voce che la situazione richiedeva pazienza da parte di tutti, e che c’era la necessità nella nostra famiglia di darci un minimo di regole per conservare una certa integrità, ma lui sembrava perennemente attratto da qualcos’altro, al punto da non ascoltare nessuno, e quindi neppure nostra madre. Naturalmente proseguiva a leggere i libri che trovava presso la biblioteca pubblica, e solo quelli in qualche maniera parevano dettargli pensieri e comportamenti adeguati al momento.

La mamma poi si spense in un giorno qualsiasi, in ospedale, durante una chemio, dopo che erano trascorsi quasi due anni, senza che ci fossimo troppo accorti che s’era verificato un certo peggioramento delle sue condizioni. I medici ci avevano già avvertito che non si sarebbe verificato un miracolo, e che le cure degli ultimi tempi erano state ridotte soltanto a dei forti antidolorifici e ad alcuni palliativi. Ugualmente a me parve di perdere tutto assieme lei, e quando ci fu il funerale dalla forte emozione che provai ebbi uno svenimento da cui mi ripresi soltanto mezz’ora più tardi. Antonio rimase in silenzio, come assente. Osservò ogni gesto di ciò che veniva compiuto, fino alla chiusura della cassa ed al seppellimento; quindi, si allontanò da tutti, e dal cimitero tornò a casa da solo. Il mio fidanzato fu molto presente in quei momenti, e fu capace persino di confortarmi in qualche modo, e nel giro di poche settimane, anche per superare il momento, iniziammo a parlare di matrimonio e di trasferirci, io e mio fratello, nella sua casa piuttosto spaziosa e con una stanzetta adatta ad Antonio. 

Antonio non si oppose, anche se chiese di avere con sé tutti i libri della vecchia casa, chiudendoli lui stesso in scatoloni di cartone per trasferirli senza rovinarli. Ma subito dopo iniziò a dare segni di vero squilibrio, tanto da non concedere molta sicurezza per sé stesso e per gli altri. Urlava, parlava da solo, si chiudeva per intere giornate in un profondo silenzio, e quando riemergeva dal suo stato pareva spossato ed indifferente a chi gli stava attorno. Il nostro medico prese delle rapide informazioni, e dopo poco fu internato in una clinica piuttosto distante, dove curavano i gravi stati di depressione delle persone come lui, e per un po’ di tempo parve che le cose potessero migliorare, anche se alcuni gesti inconsulti nei confronti di altri pazienti mostrarono l’impossibilità di poterlo riavere nella nostra famiglia in tempi troppo rapidi. Il periodo di degenza, perciò, si allungò sempre di più, fino a quando Antonio parve finalmente trovare un proprio calmo equilibrio.

 

Bruno Magnolfi

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