sabato 28 giugno 2025

Lungo la strada.


            Il figlio del Sindaco Rimonti si chiama Marco. Lui non va molto d’accordo con il suo papà, anche se non c’è un vero motivo che lo faccia essere così scostante. Probabilmente il problema è il naturale dissenso che si verifica in età adolescenziale, quando i ragazzi credono di aver compreso già tutto ciò che serve, e si contrappongono a chi vorrebbe ancora spiegare loro almeno qualcosa di più. Marco ogni mattina prende la corriera per andare al liceo, perché nel centro abitato dove è nato e vissuto fino ad oggi non ci sono degli istituti superiori, soltanto le medie, oltre l’asilo e naturalmente una scuola elementare. Con gli altri compagni difficilmente si fa grande per essere il figlio del primo cittadino della borgata, però la sua strafottenza in certi casi mostra di appoggiarsi sul fatto che la propria famiglia è una di quelle più in vista di tutto il territorio circostante. Anche i rendimenti scolastici non sono troppo eccellenti, e a volte Marco sembra frequentare il liceo soltanto perché, in caso contrario, non saprebbe assolutamente cos’altro fare. La politica ovviamente non gli interessa, e gli argomenti che quotidianamente porta avanti suo padre per il proprio ruolo sociale, sembrano solo annoiarlo. Perciò, quando è stato introdotto quel ragazzo di colore tra tutti quelli che si allenano sul campetto di calcio del rione la domenica mattina, lui si è sentito quasi disturbato, proprio per aver immediatamente compreso che dietro a quella improvvisa presenza c’era per certo suo padre a spingere e a cercare l’integrazione di un giovane migrante nel tessuto della cittadinanza.

            A dirla tutta, Niocke sul campo di gioco non lo ha neppure riconosciuto come figlio del Sindaco, solo perché nessuno ha voluto indicarlo come tale, e Marco peraltro non gli si è mai riferito direttamente, fino ad evitare con accuratezza di parlare del nuovo acquisto della squadra persino con gli altri ragazzi. Il Sindaco ha chiesto a suo figlio qualcosa mentre erano a casa, ma lui è stato evasivo, usando mezze parole, quasi sbuffando per essere trascinato in un argomento che oltre evidentemente ad annoiarlo, sembra oltretutto anche infastidirlo. Gli altri giocatori inizialmente si sono mostrati molto freddi nei confronti di Niocke, ma poco per volta hanno iniziato ad apprezzare alcuni elementi della sua presenza in squadra, fino a giudicarlo, almeno in certe azioni sportive, un apporto prezioso per far diventare il loro un vero gruppo vincente. Qualcuno, forse, in considerazione dei giocatori di colore che affollano normalmente le squadre di calcio delle serie più alte, si è persino sentito orgoglioso di avere tra gli elementi a disposizione un calciatore come lui, e qualche volta, a più di uno, è sfuggito anche un apprezzamento in questo senso, cosa che Marco Rimonti naturalmente ha sempre notato con un crescente disturbo. Ha pensato persino qualche volta di abbandonare la squadra e smettere di giocare al calcio, proprio per mostrare la sua riluttanza all’integrazione, ma poi non ha ritenuto del tutto accettabile ritirarsi così, senza una colpa, soltanto per una ripicca quasi da bambini.

            Poi, uscendo dagli spogliatoi decisamente spartani, il portiere della squadra, con cui è amico da anni, gli dice senza mezze misure che secondo lui Nockie sta migliorando sul campo da gioco a vista d’occhio, e con la sua presenza in squadra sta forzando tutti gli altri a mostrare il meglio di sé stessi. <<È il giocatore che in un attimo scappa velocissimo in avanti nella zona dove ci sono meno avversari, e se qualcuno dei mediani riesce a passargli il pallone proprio in quel momento, le possibilità per segnare sono sempre molto alte>>. Marco lo guarda senza trovare niente da ridire, anche se vorrebbe subito insinuare che quel nero non è capace di guadagnarsi una palla da solo sulle retrovie, e l’unica cosa in grado di gestire è quello starsene lì davanti ad aspettare quel benedetto passaggio giusto, però non dice niente, anche se alza le spalle e ride, come se non avesse niente a che fare con quegli argomenti. L’allenatore nota certe difficoltà, e quando parla a tutta la squadra per stabilire la tattica che serve, è sempre un po’ a disagio cercando di non disturbare oltremodo la sensibilità dei ragazzi. In ogni caso nemmeno uno dei giocatori ha fatto un po’ di amicizia con Niocke, e quando terminano gli allenamenti nessuno si intrattiene un attimo con lui, magari offrendogli un passaggio sul proprio motorino almeno fino alla fermata della corriera.

<<Ti ha mandato qui mio padre>>, gli dice invece oggi Marco mentre escono dalla recinzione. Niocke annuisce, aveva già sospettato che fosse lui il figlio del Sindaco, ma non trova niente da dire, sapendo subito di trovarsi su un terreno un po’ scivoloso. <<So che vorrebbe invitarti a pranzo a casa nostra una domenica, così mi ha chiesto di parlartene>>. Niocke si ferma, lo osserva, poi dice soltanto: <<Non credo sia una buona idea; però ringrazialo, digli che mi sento onorato di questo, anche se non sono nella condizione di accettare>>. Così si ferma per guardare bene Marco negli occhi, e dopo un momento si avvia come sempre lungo la proprio strada.  

 

Bruno Magnolfi

 

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