La piazzetta del
paese, da un anno all’altro, appariva identica, invariabile, con le sue
panchine di legno nel centro, intorno alle quali erano state ricavate delle
aiuole che costituivano nell’insieme un piccolo giardinetto, con quattro alberi
di tiglio messi in modo simmetrico, dalle foglie verde scuro perennemente
polverose. Lui, potevi incontrarlo lì, seduto, generalmente intento a leggere
qualche giornale, immerso nei suoi pensieri, o certe volte impegnato a scrivere
qualcosa sopra a dei fogli bianchi, o anche sopra qualche vecchio
quaderno.
Nessuno ricordava di
averlo mai visto lavorare, o occuparsi di qualcosa, forse un’invalidità permanente
lo aveva reso inabile a qualsiasi attività, o forse aveva una piccola rendita
che gli permetteva di mandare avanti le giornate così, senza uno scopo preciso.
In ogni caso stava là, in modo assiduo, da solo, praticamente in ogni stagione,
come se quello fosse l’unico luogo dove si trovasse a suo agio, in pace,
soddisfatto di sé e delle sue riflessioni. Lo salutavamo, è evidente, se si
incontrava lungo il marciapiede, quando magari se ne tornava verso casa, ma lui
rispondeva in genere con appena un bofonchio, segno evidente della sua scarsa
disponibilità verso gli altri.
Una volta dei
ragazzetti gli avevano urlato dietro qualcosa, tanto per ridere, ma lui non si
era preoccupato più del dovuto. Si era fermato, aveva girato indietro solo metà
del suo corpo, ed era semplicemente rimasto lì per qualche minuto, ad osservare
quel gruppo che si allontanava, come se già soltanto quello sguardo fosse una
punizione più che sufficiente. La maggior parte delle volte, però, nessuno faceva
mai troppo caso alla sua persona, come se la sua figura fosse scontata, facesse
parte di quel panorama paesano, e non ci fosse da preoccuparsene troppo.
Un giorno qualsiasi,
poi, senza neppure un motivo apparente, come fosse per la prima volta, lui
aveva iniziato a parlare. All’improvviso chissà che cosa era scattato dentro di
lui, aveva iniziato a fermare per strada qualcuno, e gli chiedeva qualcosa, e
poi di seguito iniziava a parlare di sé, delle sue convinzioni, di ciò che
pensava, a volte addirittura anche della sua opinione sul nostro piccolo paese.
Da un giorno all’altro aveva iniziato a parlare di tutto con tutti, anche di
cose che non interessavano troppo, come se dovesse rifarsi di un lungo periodo
solitario, in cui non aveva detto niente. Raccontava che a lui sarebbe piaciuto
girare, andarsene a spasso nel mondo, e questo ai più di noialtri sembrava praticamente
incredibile, proprio lui che era sempre sembrata la persona più inamovibile tra
tutti, quasi incastrata dentro a quelle poche abitudini di cui aveva fatto
sfoggio da sempre. Eppure adesso questo diceva.
E infine sparì dalla
strada, d’improvviso, come si fosse stufato di tutto, come se avesse iniziato a
cercare di starsene in casa il più a lungo possibile. Non lo si vedeva più
nella solita piazzetta, non si incontrava lungo la via, ma nessuno stette davvero
a preoccuparsi di quella sua nuova stranezza, e il fatto di non incontrarlo sul
marciapiede, per alcuni fu quasi motivo di alleggerimento, rispetto a quei suoi
discorsi un po’ noiosi e inconcludenti. Così passarono alcune settimane, forse
anche di più, e solo per caso si scoprì a un certo punto che era partito.
Allora parve mancare di più a tutti noi, e molti solo allora si ricordarono di
essere suoi concittadini, e qualcuno prese quasi a parlarne con nostalgia, come
se quella assenza fosse una perdita per coloro che lo avevano conosciuto, anche
se alla fine parecchi paesani si abituarono velocemente a non incontrarlo più sul
marciapiede, perché lui era andato via veramente, e ognuno se ne dovette fare
una propria ragione: era andato sul serio, come a qualcuno aveva confessato di
voler fare prima o dopo, ed ora era possibile soltanto immaginarlo in chissà
quali dei suoi giri, sicuramente a spasso nel mondo.
Bruno Magnolfi