Il
primo giorno non accadde quasi niente, tutti si limitarono a fingere
indifferenza anche se era evidente quanto apparisse un comportamento poco
consono a quanto si respirava nell’aria. Anche il giorno seguente pressappoco tutto
fu uguale, senza alcun risultato tangibile; ma soltanto durante il terzo appuntamento
qualcuno con determinazione riuscì a dire che era assolutamente il caso di
prendere una posizione precisa. Uno di noi allora ai alzò in piedi, disse con
le lacrime agli occhi che non se la sentiva di continuare così, e in questo
modo si fece evidentemente coprire di fischi da tutti, riuscendo però finalmente
ad uscire da quell’aula magna insieme ad un manipolo di altre persone, pur conservando,
come chi si vergogna, la testa abbassata.
Si
propose così, forse per evitare ulteriori defezioni, di tornare indietro al
secondo o addirittura al primo giorno, per cercare cioè di tirare giù un elenco
definitivo e fondante di cose sostanziali attorno a cui trovare un costruttivo
dibattito, ma avvenne immediatamente uno spaccamento nel direttivo: qualcuno
diceva che era prioritario approcciare un certo argomento, altri sostenevano
che era necessario preoccuparsi di altro. Naturalmente non si fu capaci di
trovare un terreno comune di discussione, e in questo modo si chiuse anche
questa giornata con un nulla di fatto, rinviando ogni proposta al giorno
seguente.
Finalmente,
al quinto appuntamento proposto per una seria discussione su quanto c’era da
decidere, tre membri effettivi dissero che non c’era assolutamente nient’altro
da fare: semplicemente si doveva prendere atto che mancava del tutto la
piattaforma, perciò era doveroso nominare al più presto la commissione che avrebbe definito il
documento di proposta su cui discutere, ma, nei minuti che seguirono queste
parole, tutto quanto venne fatto naufragare da una serie di fischi e di altrettante
proteste, probabilmente giustificate solo dal tempo già perso. Qualcuno
regolarmente si inalberò, come in fondo era giusto, ma ogni polemica venne
ridotta ad un altro niente di fatto, lasciando che ognuno trovasse qualcosa per
cui non sentirsi d’accordo su niente.
Le
cose andarono avanti per diversi altri giorni, fino a che qualcuno più coraggioso
disse che quella assemblea era ormai assolutamente delegittimata, se non altro
per la sua incapacità nel prendere decisioni concrete, e questo, in mezzo alle
invettive che riuscì a scatenare, fu un dato che mise d’accordo parecchie
persone. Così si sciolse il raduno, ma qualcuno, forse più nostalgico di altri,
tornò il giorno seguente nella piccola piazza dove precedentemente si erano riuniti
da sempre, e tutto parve ad un tratto continuare quasi nella stessa maniera,
pur all’aperto, portabandiera i convinti assertori di quel qualcosa fondato soltanto
sulla ricerca di sostenitori per la loro
idea, ed altri che a voce più bassa continuavano semplicemente a criticare di
tutto, persino la stessa capacità per ciascuno di loro nel riuscire a proporre
qualcosa di rilevante.
Con
l’andare dei giorni seguenti le cose praticamente poco per volta si ridussero a
niente, com’era sempre stato peraltro, e quando qualcuno disse che tutti quanti
stavamo perdendo un’opportunità irripetibile, ripartirono da ogni lato le ridde
di fischi e di improperi, lasciando che la mancanza di coordinamento e di
condivisione diventasse finalmente il giusto elemento portante su cui basare
ogni atto seguente, non fosse altro che per confermare almeno la negazione di
tutto.
Bruno
Magnolfi
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