"Ci sono", dico mentre arrivo trafelato nella
saletta del circolo dove con i ragazzi ci ritroviamo quasi ogni sera. Diversi tra i presenti rispondono con un'esclamazione, anche se in quattro continuano a
giocare a boccette come se niente fosse. Sono in ritardo come sempre, loro probabilmente
mi hanno aspettato a lungo per la sfida pattuita, poi però si sono messi a
giocare senza di me. "Non ho fatto un grande ritardo", piagnucolo scherzando
tanto per giustificarmi, "e poi la colpa è vostra che non avete mai da
fare nient’altro che venire qui". Proseguono a giocare senza guardarmi e
senza ribattere, perché lo conoscono tutti il mio limite, lo sanno cosa penso,
ma io però non posso certo essere diverso da
come realmente sono. Vado di là, nel locale, prendo
una birra, torno nella saletta e mi metto a sedere, profondamente deluso.
Poi ad un tratto me ne vado, senza dire niente a nessuno,
mi faccio un giro per qualche strada della zona con il mio
motorino, e quando torno loro sono ancora lì, come se
non fosse trascorso neanche un minuto. Uno però mi dice che devo imparare ancora
molto su come ci si
comporta, e che probabilmente nessuno avrà più voglia di giocare con me almeno
per un pezzo. Vorrei arrabbiarmi con qualcuno, ma lascio perdere, mi metto in
un angolo e non ribatto nulla. Si siede accanto a me un tizio della mia età che si fa vedere solo qualche volta nella nostra saletta, e mi dice sottovoce che può
anche capitare di fare tardi, non c’è da farla così lunga. Non so se sta prendendomi
in un po’ giro oppure se stia parlando proprio sul serio, così provo a
rispondere soltanto a monosillabi, dicendo soltanto che questi ragazzi certe
volte tendono ad esagerare.
"Io non sono amico di
nessuno", mi fa lui. "Certe volte vengo qui e ascolto cosa dicono
tutti. Però difficilmente sono d'accordo, perché penso sempre qualcosa di
diverso da loro, anche se un po' forse mi dispiace, perché è difficile andare
avanti senza degli alleati. Non lo dico mai a nessuno che mi sento differente
da loro, però è vero, difatti i miei non mi hanno ancora preso il motorino e
spesso mi tengono a casa, perché non vogliono che io stia sempre in giro come fanno
tutti gli altri". Io lo guardo, non avevo mai pensato a delle cose di quel
genere, per questo provo un certo stupore, anche se da un lato credo che questo
tizio sia soltanto uno di quelli che resteranno sempre ai margini di tutto,
perché incapaci di stare al passo con tutti gli altri. Poi però usciamo
assieme, si fa un giro con il mio motorino passando per il centro, si dà noia
ad un paio di ragazze che fanno un po' le sceme, e mi accorgo che lui si
diverte veramente, forse non si è mai appoggiato a qualcun altro, penso, forse
non ha neppure un vero amico.
"Torniamo al circolo", gli
fo; "magari hanno finito di fare tanto il muso e mi fanno entrare anche a
me nella partita". Lui non ribatte niente, mi guarda un attimo, fa cenno
di si e poi basta, e probabilmente avrebbe fatto uguale anche se gli avessi
detto qualcosa esattamente contraria, penso. Arriviamo di nuovo lì e non sta
giocando più nessuno, e tutti i ragazzi adesso sono seduti con loro la birra,
così ci sediamo anche noi senza dire niente. Quelli continuano a parlare per
conto proprio, come se noi non fossimo neppure insieme a loro, perciò guardo il
mio amico e vedo dalla faccia che lui si aspetta adesso che io dica qualcosa,
mi faccia sentire, dimostri a tutti di cosa sono capace. Invece gli fo soltanto
un cenno, solo uno sguardo deciso, e lentamente così ci alziamo dalle seggiole,
e senza neppure salutare ce ne andiamo via da lì, visto con evidenza che non
abbiamo proprio niente a che fare con tutta questa gente.
Bruno Magnolfi
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