La sua sedia preferita è
bassa, con dei comodi
braccioli, le zampe ben piantate sul pavimento
di marmo, ed anche se certe volte il legno con cui è
stata fabbricata scricchiola forte, comunque è corredata con due bei cuscini
morbidi a fiori, uno per lo schienale, ed uno per la seduta. Con quelle
fattezze ce n'è soltanto una in quel salone al piano terra dove tutti
generalmente trascorrono l'intero pomeriggio a giocare a carte e a parlare, e
gli altri presenti comunque non si siederebbero mai, per nessuna ragione, al
suo posto. Lei difatti sta lì seduta anche
quest'oggi, da sola, come sempre distante,
quasi in una differente dimensione, non tanto fisicamente, quanto con i propri
pensieri, quasi che la sua mente avesse la rara attitudine di eclissarsi a
comando verso chissà dove, lasciando presente insieme a tutto il gruppo di
anziani, soltanto la sua presunta incapacità, almeno in quei determinati
momenti, ad essere minimamente socievole. Certe volte
al mattino la dottoressa sostiene come ognuno di loro abbia il dovere primario
di sforzarsi per non essere assente, di seguire sempre gli argomenti di chi sta
parlando, oppure anche le notizie che vengono diffuse dalla radio o dalla
televisione, e poi impegnarsi a leggere qualcosa manifestando la comprensione
completa delle parole e delle frasi sotto ai propri occhi, perché la mente
rapidamente si abitua ad essere altrove, fino a non tornare in seguito quasi
più ad essere presente insieme con gli altri.
Lei però ogni volta è
sempre pronta ad interloquire con la dottoressa, mostrando ad ogni sua
osservazione la propria indubbia capacità di riflettere sempre adeguatamente su
quanto le viene detto o spiegato, certe volte mostrando una abilità critica ed
un piglio degni di chi proprio non ci sta a prendere tutto per buono. Poi però,
quando improvvisamente le gira, ecco che si piazza su quella seggiola magica, e
come per incanto le si spenge qualsiasi indole colloquiale, mostrando una
profonda e
momentanea inidoneità ai comportamenti relazionali.
Nessuno la disturba in quelle mezz’ore, questo è chiaro, ma anche se qualche
volta questo avvenisse, ed a qualcuno le girasse di porle una domanda
qualsiasi, così come già è accaduto, lei non si degnerebbe neppure di
rispondere.
Perciò se ne sta lì,
indisturbata, forse meditando sul proprio passato, sui suoi ricordi, su quanto
forse avrebbe voluto fare negli anni passati o che magari non è riuscita né a
compiere e neppure ad iniziare. Sembra come
prendere appunti nella sua mente, riordinare le cose, forse catalogarle, farne
degli elenchi precisi, sistemare tutto quanto
in maniera che ogni minuto elemento divenga nei tempi
seguenti più accessibile e facile da ritrovare. Non è una donna che
parla molto, questo è chiaro, ed anche quando tutto il gruppo si siede per
pranzo o per consumare la cena leggera, soltanto a volte lei dice davvero
qualcosa, scegliendo con accuratezza ogni argomento. Anche stasera si siede a
tavola, si lascia servire un po' di minestra, guarda nel piatto per qualche
secondo, poi dice sottovoce, senza riferirsi a nessuno in particolare: "è
la memoria il centro di tutto. Fin quando potremo permetterci di ricordare le
esperienze dei molti aspetti della realtà, saremo invincibili, capaci di
qualsiasi altro pensiero". Gli altri annuiscono, sembrano tutti d'accordo,
non c'è neppure bisogno di dirlo: ci sarà ancora tempo prima di cadere
nell'oblio e nell'incapacità di essere ancora degli animali sociali. Intanto
però siamo qui, di nuovo davanti ad un'altra minestra, una delle tantissime
sorbite in tutto questo tempo, con il nostro cucchiaio e la volontà, proprio come
questi nostri sensi, sempre più deboli, quasi una nuova mancanza, una
disappetenza probabile, qualcosa che forse progressivamente si farà, magari già
da domani, un vero e proprio digiuno.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento