"Ci sono", urla la ragazza arrivando dal fondo
del corridoio. Poi, toglie rapidamente il suo giubbotto, entra nel ripostiglio
dei detersivi, ed indossa subito, quasi di fretta, sia i guanti di gomma già
pronti, che la sua spolverina da lavoro. L'altro impiega un bel po' di tempo
prima di farsi sentire a sua volta, ma alla fine ecco che dice: “sono
qua", mentre manovra con il carrello tra alcuni uffici ed il lungo
corridoio. "È il mio collega", pensa lei quasi sorridendo. "La
persona più stravagante ed incomprensibile tra tutte quelle che conosco".
Generalmente lui entra un'ora prima tra quei locali che a quell’ora oramai sono
deserti, ed inizia con lo svolgere tutti i compiti preliminari per quegli
ambienti, dando aria con l’apertura sapiente delle finestre, ad esempio, e poi
svuotando subito i cestini ed anche i posacenere, e accendendo con metodo tutte
le luci che servono per svolgere bene le
operazioni. Quando poi arriva anche lei allora si
dedicano insieme alla pulizia dei tavoli, delle attrezzature, dei bagni e di
tutti i pavimenti.
"Sei arrivata tardi", le fa lui tanto per
stuzzicarla. Lei non gli risponde, sa che non è vero e che quello è soltanto un
vecchio gioco che le fa spesso, tanto per vedere cosa cerca di rispondergli.
Lui è avanti con gli anni, ma ancora si crede di poter fare il ragazzo
spiritoso. "Oggi sono stanca", fa invece lei con una smorfia quando
si avvicinano tra loro; ""è come se poco per volta stessi perdendo
qualsiasi entusiasmo, e prendesse il sopravvento soltanto il fastidio, il
nervosismo, e poi la fiacca". L'altro la guarda mentre spinge ancora un
po’ in avanti il suo carrello: "una come te non dovrebbe mai neanche
pensarle queste cose", le fa. "Eppure sono vere", dice lei;
"e posso dirti anche che non ho intenzione di proseguire ancora per molto
con questa vita, perché se mi accontento adesso di questa semplice manciata di
stupidaggini, in seguito non sarò più neppure capace di desiderare qualcosa d’altro.
E poi non si tratta del lavoro: è tutta questa monotonia di orari, di gesti, di
comportamenti; di questi giorni tutti identici, che finiscono inevitabilmente
per snervarmi". "Certo", le fa subito lui annuendo;, "dovresti
dare alle tue giornate una bella scrollata, così magari puoi ripartire con un
maggiore entusiasmo". Lei lo guarda mentre con l’elastico sistema un sacco
nel cerchio del carrello.
Non è facile parlare così di queste cose, pensa lei; ci
vuole niente ad essere fraintesi, e poi ognuno di noi sta sempre in bilico, tra
la voglia perenne di piantare tutto, ed il bisogno di resistere per non dover
affrontare qualcosa anche di peggio. “Voglio morire”, dice lei all’improvviso con
la faccia seria, dopo aver lasciato indietro soltanto una piccola pausa. “Non
trovo più molti motivi validi per spingermi oltre questo punto, ed anche se
sembra assurdo quello che ti dico, eppure mi sta abbandonando la volontà di
tirare ancora avanti”. Lui la guarda, commosso, profondamente colpito dalle sue
parole. Non trova da ribattere, e forse non tenta neppure, ma dopo qualche
attimo dice soltanto: “ti capisco, è un sentimento che nasce dal profondo;
probabilmente qualcosa che non ti porterà mai a nulla, e chissà quante persone
hanno provato la tua stessa sensazione prima di te. Però adesso sei tu che stai
così, e già soltanto sapere che esiste sempre e comunque una via d’uscita da
questa specie di ingorgo privo di significati, è qualcosa che almeno in parte
può risollevarti. Ed io spero proprio che sia in questa maniera, perché tutte
queste scemenze che portiamo avanti, non valgono una briciola della tua vita”.
Bruno Magnolfi
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