"In
questo periodo non ho proprio voglia di uscire", dice lei con voce
monotona alla sua amica durante una telefonata di cortesia. "Non mi va di
vedere nessuno", conclude. "Forse in seguito passerà rapidamente
questo periodo negativo, magari persino domani; comunque, almeno per adesso è
così". Poi si salutano senza enfasi, e lei si alza dalla sua comoda sedia
dove di solito trascorre la maggior parte del tempo leggendo, ascoltando la
radio, qualche volte guardando qualcosa in televisione, e va adesso ad
accostare l’orecchio ad una parete dell’appartamento vicino, attraverso la
quale si avvertono distintamente le voci di qualcuno che sta litigando. Lei
cerca di decifrare qualche parola per comprendere il motivo della discussione,
ma dopo poco tutto torna ad essere piuttosto silenzioso. Il suo appartamento
certe volte le sembra una spugna pronta ad assorbire gli elementi che gravitano
in aria, ed anche se le piace sentirsi isolata da tutti, al contempo le
interessa sapere cosa accade da quelle parti.
Si tiene
però lontana dalle finestre, quasi per paura di essere osservata da qualcuno
lungo la strada oppure dalle case di fronte, ed è come se le persone che
abitano e frequentano la città fossero chiaramente dei suoi avversari, gente
abituata a coltivare abitudini, pensieri già codificati, facili giudizi certe
volte terribili, che impongono etichette di tipo indelebile, quasi un marchio
da applicare sopra la pelle degli indifesi. Ecco, lei spesso si sente
esattamente così: indifesa, come se al giorno d’oggi tutto si manifestasse
contro qualcosa, o peggio ancora contro qualcuno. Ci sono spesso degli elementi
che paiono convergere per creare una cortina intorno ad un semplice individuo;
poi qualcuno cerca di scrollarsi di dosso quanto gli è stato esageratamente
caricato, ed ecco che subito si abbassa lo sguardo, tanto fa pena.
"Vorrei
uscire da qui a testa alta", dice tra sé. "Andare in mezzo a tutti
gli altri con la capacità di sentirmi al di sopra dei loro giudizi,
indifferente a qualsiasi loro pensiero". I vicini di casa tornano a farsi
sentire, come se a nulla valesse il suo impegno per tenersi al di fuori dei
loro battibecchi. Paiono quasi sciocchezze quelle che si dicono, ma è il modo
aggressivo di dirle che fa diventare ogni parola praticamente una vera e
propria minaccia. Non ci sono delle cose irreparabili, pensa lei; con della
buona volontà tutto si può sistemare, ed anche la convivenza si può riuscire a
trasformarla in un progetto di tanti piccoli elementi piacevoli. Si siede:
"certe volte le giornate sono persino troppo lunghe quando corre l'obbligo
di trascorrerle da soli", riflette. "Me ne vado da qui", si dice
quasi urlando nell'appartamento vicino, e lei pensa subito che in fondo non è
necessario avere dei buoni motivi per realizzare una cosa del genere.
Poi torna di
nuovo la calma, lei si disinteressa dei problemi di coppia da lato opposto del
muro, così finge di accendere la radio ed inizia ad ascoltare le notizie che la
sua fantasia desidera dettarle. Spesso sono informazioni senza capo né coda,
elementi tutti identici, che non portano a nulla di particolare. La sua mente
continua ad elaborare qualcosa, come se la realtà fosse il frutto maturo di
molti pensieri, fino a quando rimane spossata sulla sua sedia, senza altro da
aggiungere al proprio mondo inventato.
Suona
qualcuno alla porta, lei si guarda attorno come fosse ormai in trappola.
"Sono senz’altro i vicini", riflette, "giunti da me per
comprendere cosa io abbia compreso dei loro problemi, per tirarmi nel mezzo,
magari darmi anche un ruolo, attribuirmi forse delle responsabilità di chissà
quale natura". Infine, dopo parecchi ripetuti squilli, lei si decide ad
aprire. È la sua amica, venuta di persona a vedere come sta, ed adesso le
propone di uscire, di andare insieme a prendere un caffè in un locale, fare due
chiacchiere, vedere la gente che ci sta in giro. "Rimandiamo",
risponde lei; "non mi pare sia il caso in un momento del genere".
Bruno
Magnolfi
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