"Mastico
amaro, amico", spiego con calma. E subito dopo mi chiedo che senso abbia mai
parlare con questo tizio che non sembra neppure starmi a sentire. "Ogni
attimo che giunge può essere una brutta sorpresa, ma non ci si può fare
niente", dico ancora. Poi butto giù un altro sorso della mia birra, mentre
intorno al bancone dove resto seduto c'è gente che schiamazza e pare
divertirsi. "È inevitabile", riprendo. "In ogni momento che
segue quello che stai vivendo non sai cosa ti aspetti. Col tempo magari ci fai pure
l'abitudine, e poi fingi di non farci neppure più caso. Però non puoi essere mai
del tutto tranquillo, non puoi sospendere alcun momento di tutta quanta la tua
esistenza. Fortunato chi non ci pensa nemmeno a cose del genere. Per me invece è
diverso: vivo in un’angoscia costante, e non riesco a farci un bel niente".
“Se per
esempio immagino di godermela un po’, e magari mi metto in casa sdraiato
davanti alla televisione, senza nient’altro da fare che seguire là sopra una
cosa leggera, che non mi impegni troppo la mente, dopo poco le preoccupazioni
scendono comunque improvvise sopra di me, fino a scalzarmi da quel mio posto,
con dei pretesti del tipo: devi fare la spesa, devi ripulire la cucina, farti
una doccia, andare a lavorare, pianificare la settimana, e così via. Un senso
di colpa come un pugno allo stomaco inizia a lavorarmi con sempre più forza,
fino a quando spengo tutto ed inizio a ripulire la mia abitazione o cose del
genere”.
L’altro
beve con tutta calma la sua birra fresca, e forse pensa che io sia mezzo
svitato, perché lui riesce costantemente a fregarsene di tutto quanto e a
mandare avanti le sue cose senza nessuna preoccupazione. Difatti sorride quando
finge di comprendere quel che sto cercando di spiegargli, ma io penso che tutto
al contrario lui non può proprio capire un bel niente di quello che dico,
perché non prova per nulla dentro di sé l’angoscia per il futuro ed il senso di
colpa. Poi si solleva dal suo sgabello e mi dice che deve andarsene, così
lascia dei soldi sul banco e poi mi pianta da solo a bere e a sopportare questo
pomeriggio senza alcuna prospettiva. Penso che non ci sia niente di peggio, che
quando come adesso ti impegni per spiegare la cosa a cui hai dedicato in
assoluto più tempo per cercare di renderla almeno arginabile, e qualcun altro
tratta i tuoi problemi con gran leggerezza, come se fossero dei semplici
argomenti da birreria.
Perciò
penso di andarmene anche io, e sto già per alzarmi da questo posto, quando il
tizio di prima torna indietro: “ci potrebbe essere una soluzione”, mi fa. “Dovresti
trovare qualcosa di importante, tanto da riempire completamente il tuo tempo.
Lo so, non è facile, però ce la puoi anche fare. Scrivere poesie, dipingere,
ideare qualcosa, impegnarti di brutto in un argomento che ti distolga
completamente dai tuoi brutti pensieri. Magari iniziare a descrivere con
precisione su qualche quaderno tutto quello che hai cercato di spiegarmi fino
adesso. In fondo potrebbe essere la maniera anche per dare una mano a qualcun
altro, in seguito a questo. Far capire ad altre persone che si può anche uscire
da una depressione come la tua, semplicemente mettendoci un certo impegno
nell’affrontarla davvero: spiegarla, definirla, usare tutte le parole che puoi
per far comprendere al meglio possibile che cosa possa mai essere”. Lo guardo:
“ va bene”, gli fo.
Bruno
Magnolfi
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