Avere
tutti i giorni a che fare con dei salariati stagionali non è facile: si tratta
di essere sempre duri e severi con chiunque venga chiamato a svolgere quelle
funzioni, ed ovviamente pretendere da ognuno il massimo possibile, a
prescindere che sui campi agricoli intensivi ci sia da cogliere la frutta, i pomodori,
oppure soltanto dei cavoli. Le direttive generali del fattore, che impartisce la
maniera di agire per ognuno, sono oltremodo precise: ottenere inevitabilmente sempre
il massimo dalla manodopera ingaggiata, a qualsiasi costo, ed ogni volta che viene
affrontata una nuova stagione di raccolta della frutta oppure degli ortaggi, che
il prodotto finale, sia che venga calcolato in numeri, oppure direttamente in
quintali, risulti sempre maggiore della volta precedente, e le ore complessive impiegate
dagli operai agricoli per giungere ad ottenerlo sempre di meno, in maniera che
l’utile netto dell’azienda vada
inevitabilmente a costituire un crescendo progressivo di ricavi. In altre realtà
agricole fuori dalla regione, la soluzione inizialmente sembra essere stata
trovata facilmente acquisendo manodopera tra le file dei migranti, istituendo
una rete di caporali spietati pronti a gestire i braccianti, e poi edificando vicino
ai luoghi di raccolta delle baracche minimali dove far alloggiare chi non ha
altra soluzione abitativa. Ma questo però ha portato, insieme ad un certo abbassamento
delle spese vive, anche ad un peggioramento della qualità dei prodotti, proprio
per l’incapacità di questo tipo di manodopera nel trattare adeguatamente l’ortofrutta.
Contemporaneamente,
si è manifestato in quelle zone anche un certo disordine sociale, dato
soprattutto dalla ostilità immediata nei confronti dei migranti di tutti quei
residenti che hanno da sempre contato sulle stagioni di raccolta per tirare
avanti l’economia della propria famiglia, fino a scatenare delle vere e proprie
battaglie razziali contro di loro per cercare di estirpare questi comportamenti
all’interno di determinate aziende agricole, al punto poi di provocare, come
ultima beffa, delle denunce serie e circostanziate relative al lavoro nero e
allo sfruttamento della manodopera. Tutto ciò in breve tempo ha portato, da
quel che poteva inizialmente sembrare un vantaggio dal punto di vista economico
per i gestori delle terre coltivate, ad un evidente aggravio di spese relative
ad un disordine completo nella direzione della forza-lavoro, spesso andando
persino ad impicciare le gestioni in facili accuse per affari illeciti sfocianti
inevitabilmente in cause sindacali lunghe e dispendiose. In altre zone, proprio
tenendo conto di tutto ciò, i proprietari terrieri si sono tenuti ben distanti
dal seguire il medesimo percorso, proseguendo come sempre ad attingere la
manodopera necessaria tra la povera gente residente nei luoghi circostanti. Ma
tutto ciò spesso non è stato sufficiente, considerata la richiesta affannosa di
lavoro a basso costo da parte della massa dei migranti, e si è giunti fino a far
organizzare delle difese vere e proprie, presso alcune reti di poderi circostanti
qualche paesello della provincia, contro il dilagare di una certa manodopera.
Quindi,
l’ostilità nei confronti di ogni operaio dalla pelle scura si è così fatta più
forte, fino a far scacciare in malo modo persino ogni singolo individuo dai
lineamenti stranieri che si è visto circolare in certe zone agricole, proprio
allo scopo di tenere il più possibile distante la piaga dei migranti e di tutti
i problemi a loro collegati. Ed è proprio sulla base di tutto questo che nel
paese di Pian dei Fossi, sacca di riserva dei braccianti locali utilizzati da
sempre nelle tenute dei Conti Tornassi, si è subito visto in una estrema
cattiva luce l’arrivo di un migrante come quel ragazzo africano nello svolgere
un mestiere fortunatamente non troppo abbinato all’agricoltura, ma che potrebbe
facilmente richiamare verso di sé altri individui dalla medesima provenienza, e
quindi dare vita ad un vero e proprio ingresso in zona di operai neri, con
tutti i risvolti negativi conseguenti. Tentare di scacciare questo primo
personaggio, e magari interrompere sul nascere quello che in breve tempo potrebbe
diventare un ingresso libero per i migranti, è diventato in poco tempo
l’assillo fondamentale dei Conti, tanto da farli decidere di ingaggiare una
specie di spedizione punitiva da parte di persone giunte da fuori e senza
troppi scrupoli, in grado di impaurire a tal punto quel ragazzo da farlo
decidere di abbandonare il lavoro di meccanico ed andarsene alla svelta in
qualche altro luogo remoto. Naturalmente la possibilità di dargli una certa
somma di denaro per lasciare il paese, e di non farsi più vedere dalle parti di
Pian dei Fossi, non è neppure stata presa in considerazione.
Niocke,
all’improvviso, senza esserne neanche cosciente, si trova così a reggere una
posizione difficile ed oltremodo delicata: per lui andarsene resta al momento qualcosa
di poco appetibile, anche se ancora non ha compreso quale sia il problema che
ha portato al suo tentativo di pestaggio, soprattutto considerato il sostegno
ricevuto da parte di molti sconosciuti del paese per la propria integrazione nella
cittadinanza. Ma soprattutto adesso, una volta ricevuta la solidarietà e
l’aiuto da parte di una ragazza dolce come Sara, abbandonare una realtà in cui inizialmente
si era inserito in maniera così semplice e scorrevole, ritiene che sia assolutamente
un grosso errore per lui, e addirittura quasi un ripudiare tutti gli sforzi
fatti fino ad ora.
Bruno
Magnolfi
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