Non saprei. Difficile
scegliere qualcosa se non sei abituato. Così resto perplesso, e ogni giorno vado
avanti soltanto per abitudini, mantenendo una stretta monotonia nei
comportamenti, generalmente disinteressandomi di tutto quello che non conosco,
e frequentando sempre le medesime persone. Ho un fratello che vive con la sua
famiglia poco lontano dalle mie due stanze scalcinate in affitto, così una
volta o due alla settimana vado da lui a pranzo o all’ora di cena, per mangiare
con loro qualcosa di buono che in genere prepara sua moglie, perché normalmente,
da solo come sono, non mi va di cucinare a casa mia, mettere in mezzo pentole e
piatti, scegliere ingredienti e tutto quello che serve; preferisco acquistare
un paio di panini imbottiti o dei tranci di pizza ad un bar poco lontano, e
mangiarmi quelli davanti al televisore in funzione.
Mio fratello mi
impone di cambiarmi i vestiti per andare da lui: mettermi una camicia pulita
dopo aver fatto una doccia e cose del genere, perché sa che per me torna facile
lasciarmi un po’ andare, ed un paio di volte che mi sono presentato con l’alito
di vino ed i vestiti un po’ trasandati, non ha avuto tentennamenti nel mandarmi
via, senza neanche aggiungere troppe parole, perché forse non c’era proprio bisogno
di spiegare un bel niente. Lo so che mi vuole bene, e vorrebbe che me ne
volessi anche io, che mi curassi di più, che mi dessi un contegno; però da
qualche anno io ho perso la fiducia nelle mie capacità, e così lascio spesso che
tutto rotoli in avanti senza preoccuparmi di niente. Certe volte lui mi mette
dentro una tasca anche qualche soldo, ma di nascosto a sua moglie, che al
contrario mal mi sopporta e non vorrebbe che lui facesse così.
Ho un furgoncino a
tre ruote, e con quello giro al mattino per tutte le zone dove fanno i mercati,
recuperando tutti i pianali di legno che trovo, e quando faccio il pieno li
porto in un posto poco lontano dove mi pagano sempre qualcosa, specialmente se
la merce che scarico è ancora in uno stato accettabile. Tiro avanti in questa
maniera, anche se non può durare in eterno questo modo di sopravvivere, e certe
volte chiedo a qualcuno se abbia bisogno per caso di un lavoratore, anche se
fare domande del genere mi costa moltissimo. Vorrei non pensare, per questo
certe volte nella solita bettola alzo un po’ il gomito, perché così mi si
annebbiano le idee e tutto sembra procedere per il verso giusto, tanto che anche
la mia tristezza congenita in quelle serate scompare. Poi mi dispiace, perché dopo
è anche peggio di prima, e penso a mio fratello che non vorrebbe mai vedermi
così.
Nel quartiere mi
conoscono tutti, ma a parte qualcuno che si ferma qualche volta a parlare con
me, il resto della gente si limita a salutarmi senza concedermi mai una gran
confidenza, forse perché ho un aspetto un po’ minaccioso, penso io; o forse perché
hanno pena di uno come me, che si trascina in questa maniera senza mai
decidersi a niente. Già, perché in fondo il mio problema è proprio questo:
decidere. Magari di andarmene via, imbarcarmi sopra una nave mercantile o andarmene
all’estero; oppure di restare, ma cambiando vita, e forse accettare un aiuto
concreto e sostanzioso da mio fratello, come certe volte mi ha ventilato, ed
impegnarmi seriamente in qualcosa che mi possa davvero aprire il futuro. Però
non è facile, e certe volte alla sera, quando mi basta sdraiarmi sul letto
rigirandomi alla meglio in una coperta ancora vestito come mi trovo, per non
dover fare i conti con le lenzuola e tutte le altre cose, mi ritrovo a chiudere
gli occhi e a dormire soltanto per qualche minuto, perché poi inizio a pensare,
e questi pensieri mi danno il tormento, paiono un’ossessione, proprio come
qualcosa da cui vorrei in tutti i modi sfuggire; e l’angoscia qualche volta mi
prende e mi porta lontano, fin dove finalmente non ho più bisogno di decidere,
o di mettermi in ghingheri per stare con gli altri.
Bruno Magnolfi