"Non ci sto", dico sottovoce agli altri di
getto, senza neanche aver capito del tutto quanto propongono. Generalmente
parlo poco, resto in compagnia con questi ragazzi quasi più per abitudine che
per una voglia effettiva, perché sinceramente la cosa che a me in assoluto
piace di più è quella di rimanermene in giro da solo, e non sentire sempre
l'obbligo di star qua e rispondere alle loro battute spiritose, anche se il più
delle volte quando mi parlano mi limito a guardare altrove e ad alzare le
spalle con disinteresse. Anche stasera forse non vorrei proprio stare con loro,
ma non ho proprio alcuna alternativa, anche se in ogni caso mi piacerebbe
proprio anche stavolta che tutte le cose scorressero come sempre accade, senza
tanti intoppi, quasi come respirare o guardarsi attorno, insomma come se non ci
fosse assolutamente niente da decidere, soltanto lasciarsi andare alle
chiacchiere e alle battute nel corso di un paio d'ore o tre, proprio come
accade tutte le altre volte, e soprattutto che nessuno avesse voglia di mettere
in mezzo delle proposte strane, poco convincenti, forse inaccettabili.
Perciò dico in questo modo, e già che ci sono mi alzo
dalla sedia sul retro di questo locale per uscire dalla porta ed andarmene, ma
qualcuno mi dice subito che non posso levare le tende proprio adesso, quando ci
aspetta qualcosa di importante: devo rimanere, mi spiegano ridendo, non ho
alcuna scelta. Lascio che dicano quello che vogliono, intanto che osservo la
punta delle mie scarpe, e perdo tempo cercando di capire che cosa desiderano di
preciso da me, senza guardare nessuno, solo ascoltando quello che dicono, anche
se è tutto confuso. Poi salgono tutti sopra le macchine, ed uno mi dà una
leggera spallata come per rompere l’incertezza che mi è rimasta legata addosso,
e così mi ritrovo col sedermi sul sedile posteriore di un’auto stretto insieme
a degli altri. Ridono, dicono che ci sarà solamente da divertirsi, ma io sento
soltanto la voglia di andarmene, magari di tornarmene a casa alla svelta, per
conto mio. Fanno fischiare le gomme sopra l’asfalto, perché sembra che si vada
tutti di fretta verso un locale che non ho mai sentito, e che forse un locale
non è, ma soltanto un modo di dire, o qualcosa del genere.
Si girano un sacco di strade e qualcuno si è messo pure a
fumare delle sigarette pestifere che si passano tra tutti. A me viene soltanto
da tossire per tutto quel fumo e loro continuano a ridere, dicono che stasera è
una serata speciale, e che si va fuori città. Su una curva la macchina sbanda,
sento tutti che urlano, l’altra macchina dietro probabilmente per evitarci va
fuori strada, ed io mi volto a guardare nel preciso momento in cui la vedo
rovesciarsi coi fari che scoppiano e il fumo. Si scende di corsa, io sono
confuso, resto da una parte, non so proprio che fare, gli altri tirano fuori i
ragazzi mentre nel buio la macchina rovesciata sembra prendere fuoco. Qualcuno
telefona per dei soccorsi, ma io me ne vado, prendo di corsa lungo la strada e
vado via, torno a casa, non volevo neppure venirci stasera. Poi mi fermo, è
buio, ho paura, torno indietro, ho voglia di piangere, trovo quello che avevo
accanto e lui mi dice di stare tranquillo, andrà tutto bene. D’accordo, penso
senza rispondere niente, siamo una squadra, bisogna restarcene insieme anche
quando i momenti si fanno difficili. Però non c’è niente di bello nel fare le
cose da idioti, continuo a pensare; e da ora in avanti non ci andrò più in quel
locale con questi ragazzi.
Bruno Magnolfi
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