Non ho niente da nascondere, dico quasi a me stesso
mentre noto che dei ragazzi si sono avvicinati al mio giaciglio improvvisato,
in questo angolo nascosto della piazza. Un tempo le cose andavano bene, vorrei
quasi dire loro; avevo una casa e anche un lavoro, e tiravo avanti come tutti.
Poi le cose si sono imbrogliate, ma questa storia l'ho raccontata ormai già troppe
volte per poter essere ancora del tutto vera,
o per non essere stata modificata dai miei falsi ricordi e dall'orgoglio che
ancora tengo dentro, nonostante tutto. Non so cosa faccio, ogni giorno per me
si completa il medesimo percorso, non modificato da chissà quanto tempo, tanto
che tutto oramai è persino un'abitudine, senza alti né bassi, e neppure
giornate di festa o diverse dal solito, a parte i dolori alle gambe che certe
volte non mi permettono neppure di allontanarmi da questa piazza.
Probabilmente vorranno frugarmi sotto al pastrano penso,
vedere se tengo dei soldi nascosti, controllare che non sia uno di quei furbi
che hanno un mucchio di quattrini da qualche parte e per non spenderli
continuano a fare una vita da perfetti idioti. No, vi sbagliate, vorrei quasi
dire a questi fottuti che vengono qua a svegliarmi mentre sto per conto mio rincantucciato
in questa tana, con i miei stracci e la mia poca roba che trascino sempre dietro
in ogni giorno. Lasciatemi in pace, non c’è niente che possa interessarvi, gli
direi con il mio modo di bofonchiare probabilmente incomprensibile, ma con dei
gesti che non possono essere fraintesi. Andatevene via, che qui non c’è niente
che possa interessarvi.
Mi giro sul fianco dando la schiena alla strada, e torno
a coprirmi con la mia coperta, fino sopra la testa. Non dovete
scocciarmi, dico adesso tra di me, anch’io ho i miei diritti sacrosanti, e se
decido di starmene qua per conto mio in questa serata fredda e senza desideri,
vuol dire che così deve essere, e che a voi non deve interessare proprio un bel niente.
Quando mi piazzo a dormire sui cartoni, per me il mondo se ne va da un’altra
parte, e la mia solitudine mi porta dove vuole, magari verso dei posti molto
migliori di questo, anche se in ogni caso a voi non
deve fregare proprio nulla. Siete dei ladri penso, dei miserabili peggio di me,
che almeno non faccio male a nessuno, e cerco soltanto di starmene per conto
mio a rimuginare sulle mie disgrazie e ad immaginarmi magari qualcosa di
migliore per me, qualcosa che possa accadere forse domani.
Questi però non se ne vanno, anzi mi toccano, dicono
qualcosa tra loro che neanche capisco, tanto che sto per scocciarmi per davvero,
e posso anche prendere la bottiglia di vetro
che ho lasciato qui accanto, e romperla sul muso di qualcuno di questi, se non
se ne filano fuori dai piedi e anche alla
svelta. Mi chiedono pure qualcosa con le loro vocette da stronzi, ma non ho
certo voglia di ascoltare questi loro discorsi: non ho niente qua sotto, non
sono certo uno di quelli che hanno messo da parte dei tesori e se li portano anche
dietro, non ho nulla se non quello che già vedete e che non fa gola proprio a nessuno.
Mi giro, quelli mi guardano, chiedono qualcosa, se sto bene, se ho bisogno di
una mano. Allora mi tiro su, forse ho sbagliato personaggi penso, così quelli
mi versano qualcosa di caldo dentro una tazza, e me la porgono. Va bene penso,
così va molto meglio, perché dobbiamo aiutarci qualche volta, darci una mano l’uno
all’altro, altrimenti non riusciamo più neppure a immaginarci ancora di essere delle
persone.
Bruno Magnolfi
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