Lo so che è colpa
mia. Oramai mi avete convinto: se le cose proseguono ad andare così la
responsabilità non può che continuare a ricadere sopra di me. E nonostante io
sia sicuro che per tutto ciò che succede tante giustificazioni si troverebbero facilmente
se soltanto si avesse la volontà di cercare i motivi ispiratori, non ho comunque
più intenzione di combattere ancora, e accetto già da adesso quello che da ora
in avanti verrà deciso. Non riesco più a difendermi da tutti gli attacchi che
ricevo, ed anche se forse potrei, non ho più la voglia di rigettare le accuse
che mi vengono mosse. Perciò ho deciso di abbassare la testa, come
probabilmente tanti hanno già fatto prima di me, ed accettare in silenzio tutto
quello che verrà deciso nei miei confronti.
Così esco dal
supermercato dove lavoro da parecchi anni come magazziniere, ed invece di
salire sull’autobus come in genere faccio, mi dirigo semplicemente a piedi
verso il mio appartamento, che dicendo la verità rimane anche piuttosto
distante, ma che stasera intendo raggiungere con tutta la calma che serve,
disinteressandomi perfino della cena, nonostante l’ora, e tentando, con il moto
costante delle mie gambe lungo il tragitto, di farmi passare il dolore allo
stomaco che mi porto dietro oramai da più di un giorno. Sul marciapiede
incrocio qualcuno che ride, ragazzi che scherzano di chissà che cosa, e per
certi versi sento di invidiare chi riesce come loro ad avere dentro se stessi
la leggerezza che emanano in questo momento, poi però non resisto e mi infilo
dentro una birreria dove tutto in un attimo sembra assumere un contorno
diverso.
Mi siedo nel
mezzo al bancone in un posto lasciato libero, scambio un veloce saluto con il
tizio di fronte a me che adesso sfrega con energia una spugna sul piano e poi
serve le birre e i panini alle persone presenti, quindi ordino qualcosa che
leggo alle sue spalle, sulla parete, pubblicizzata con grandi immagini sopra a
dei nomi caldi ed appetitosi. A fianco a me un tizio mi dice che chi mangia
qualcosa in un posto del genere probabilmente ha qualche problema, ed io gli
sorrido, perché in fondo siamo tutti in balia di una stessa corrente. Mi spiega
che è appena stato mollato da una tizia che non gli ha neppure fornito una
spiegazione plausibile, e che improvvisamente lui si sta sentendo perduto, come
se non si fosse mai reso conto di aver delegato a lei per un tempo lunghissimo,
tutta la sua capacità di rientrare nell’alveo delle persone normali. Così
adesso si sente fuori da tutto, incapace persino di riacquistare un ruolo
sociale.
Mi fa bene
ascoltarlo, mi porta subito lontano da tutti i problemi che ho, perciò ci
offriamo l’un l’altro diversi giri di birre, fino al punto in cui tutte le cose
diventano semplici, e non c’è più bisogno di parlare parecchio per capirsi
perfettamente e senza problemi. Infine lo saluto, esco da questo locale con il
cuore un po’ alleggerito, e riprendo pur con un certo fastidio la strada per
tornarmene a casa. Cammino, mi guardo attorno, osservo le luci serali e le
macchine che corrono chissà verso dove: domani sarà una giornata del tutto
simile a questa penso; però i miei pensieri saranno diversi, prometto. Sarò un
po’ più simile agli altri probabilmente, a tutti coloro che riescono a
galleggiare senza grossi problemi, perché ho già deciso in partenza che se
qualcuno in ogni caso mi vuole così, non sarò certo io ad oppormi alla sua
volontà.
Bruno Magnolfi
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