In piazza ci sono
tutti, i conoscenti e le facce amiche di sempre, naturalmente; ma anche tante persone
curiose, che nessuno si attenderebbe di vedere in occasioni di questo tipo. Sul
palco suonano i ragazzi per allietare la giornata, ed intanto si distribuiscono
in giro le copie del nuovo giornale, accettando qualche offerta da parte di chi
sta apprezzando questo grosso sforzo. Quelli che non si fanno vedere sono
coloro a cui il semplice richiamo di un’occasione del genere non è affatto
arrivato, e forse non arriverà mai, perché non credono più, o non hanno mai
creduto, in queste mobilitazioni, in queste feste, in questi segnali.
Sonja stringe le
tante mani e sorride a chi le fa i complimenti, ma dentro di sé prosegue ad
interrogarsi su coloro che non ci saranno quest’oggi, e rimarranno
disinteressati per sempre a farsi vedere per strada, a mostrare la loro idea, a
schierarsi in qualche maniera. Forse non ha neanche molta importanza adesso
tutto questo: il giornale sembra riscuota un buon successo, e tutti coloro che
lo prendono tra le mani paiono proprio apprezzarlo, sia nei titoli, che per
come è impaginato, tanto che alcuni fanno qualche donazione, altri si informano
su come abbonarsi.
I ragazzi continuano
a suonare, poi lei sale sul palco, loro si interrompono, lei sorride a chiunque,
e prende il microfono. “Deve essere il giornale di tutti, anche di quelli che
oggi non sono qui, per una ragione o per l’altra”, dice. La gente applaude, è
d’accordo, non è certo il momento di rappresentare una parte soltanto della
cittadinanza. “Dobbiamo intercettare in qualche modo anche il loro pensiero”,
prosegue, “e mostrare che nella nostra idea, gli articoli che formano queste
pagine non devono essere solamente quelli relativi ad un solo modo di essere,
ma anche di quello riguardante tutti gli altri, persino di coloro che non
credono, o magari non hanno mai creduto possibile, di poter essere in qualche
modo rappresentati”.
Le persone applaudono
con entusiasmo, forse sono parole anche facili da condividere, più complicato
magari è mettere in pratica delle idee di questo genere, ma Sonja lo sa, e conosce
benissimo le difficoltà che ci sono per arrivare ad interloquire con certe
fette di popolazione, ma non si lascia abbattere per questo, e con uno sguardo
gettato fino ai margini della piazza del suo paese, abbraccia tutti quanti,
forse apparentemente in maniera anche troppo simbolica, però avendo abbastanza
chiaro dentro se stessa lo sforzo a cui è chiamata nei prossimi tempi.
Poi scende dal palco,
tutti le stringono la mano e molti l’abbracciano per mostrarle il proprio
affetto e la loro vicinanza, e qualcuno dice con convinzione che dovrebbe
presentarsi come candidata a sindaco per le prossime elezioni comunali, ma lei
si schernisce, non è questo che vuole, la politica la lascia volentieri in mano
ad altri. A Sonja basterebbe che qualche persona in più si interessasse finalmente
delle faccende del loro borgo abitato, mostrasse interesse alle vicende che vi
accadono, alle possibilità che forse vi si offrono, e magari che qualcuno si
sentisse davvero immerso in questa piccola comunità, dove spartire le
preoccupazioni, i malesseri, certe volte le tristezze, ma anche le gioie, e
forse persino le cose comuni più leggere e divertenti.
“Una cittadina
composta da persone che si sentono uguali, e che si danno una mano l’una
all’altra”, pensa ancora Sonja mentre cammina tra la gente. Poi, in mezzo a
tutti, sente un dolore acuto ad un fianco, si tocca velocemente con la mano
lungo la schiena, e scopre subito una piccola ferita sanguinolenta. Qualcuno
l’ha colpita, forse con un coltello o qualcosa del genere. Si piega, la
sorreggono, la portano al margine della confusione, la soccorrono: niente di particolarmente
grave, dirà un medico presente; ma forse anche qualcosa di gravissimo.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento