Le solite facce,
anche stasera, al circolo culturale "Victor Jara". L'argomento di
oggi gira attorno ad un vecchio militante scomparso da poco tempo, una persona
del popolo, un uomo come potrebbe essere stato chiunque, che pur senza
istruzione, o quasi, è riuscito a scrivere, pur tanti anni fa, un opuscolo
breve, chiaro e conciso, nel quale riusciva a dire cose estremamente veritiere
sulla gente, talmente evidenti da risultare ancora molto attuali. Qualcuno ascolta
attento e si dimostra entusiasta del fatto che siano vissute persone del genere
in questa città; altri invece si guardano attorno con poco interesse, senza
perdere mai d'occhio il quadrante dell'orologio. Lei si chiama Sonja, ha passato
da poco i quarant'anni, ed è appassionata da sempre degli argomenti di quel
genere, forse più per una scelta iniziale da mantenere soprattutto per
coerenza, che per una convinzione davvero profonda in tutto ciò che ultimamente
viene estrapolato in serate come questa.
Fa parte dei soci
fondatori di questo circolo, ma all’epoca in cui si sentiva entusiasta di
quanto portava avanti con grande determinazione, non avrebbe mai immaginato che
le cose in seguito si sarebbero trascinate poco per volta soltanto con
stanchezza, e per una sorta di inerzia data dall’affetto ancora in parte
emanato da certi argomenti. Lei si sentiva una battagliera, soltanto qualche
anno addietro, ma poi essere rimasta quasi da sola a cercare i soldi per le
tante sottoscrizioni, giusto per riuscire a pagare l’affitto della sala e delle
stanze attigue, affiggere sui muri qualche manifesto, rimborsare le spese di
viaggio a qualche invitato per sentirlo parlare là dentro, le ha procurato un’amarezza
che le risulta oggi sempre più presente e insopportabile.
Forse la cultura era
un punto di arrivo fondamentale, almeno una volta; significava dare
l’opportunità a chiunque di comprendere da solo l’andamento della vita sociale
e la gestione della cosa pubblica da parte dei politici di turno. Instillare
nella testa della gente poco per volta degli argomenti alternativi sollevando
piccole discussioni proprio dal basso, era per lei l’elemento determinante su
cui far leva per formare una nuova coscienza, con idee più forti,
consapevolezze essenziali, convinzioni maturate su tutto ciò che il giornalismo
in qualche modo pareva nascondere. Il grande interesse verso quel progetto non
è mai arrivato, e tutto è andato calando in questi anni, tanto che ultimamente
si è discusso persino di chiudere il circolo.
“Sonja”, le dicono
gli amici; “bisogna arrendersi di fronte alla realtà”. Ma a lei ogni tanto pare
ancora che tutto possa rimettersi a girare bene all’improvviso, e che quel
progetto iniziale per incanto riprenda quota, dandole finalmente la soddisfazione
che ha sempre cercato senza mai averla assaporata. Introduce la serata, dice
che la memoria è sempre più importante, “che ci sono sempre state delle persone
che hanno saputo guardare più lontano di tanti altri, e noi dobbiamo saper
accogliere almeno nella giusta misura i loro insegnamenti, meditando bene su quanto
è avvenuto, e poi sovrapponendo i risultati, quando è possibile, sulla realtà
attuale, guardando tutto quanto con occhi rinnovati, con capacità di analisi e
di critica superiori alla superficialità del giorno d’oggi”.
Poi si siede, ascolta
con attenzione gli interventi di alcuni altri che spiegano con calma la propria
opinione. Ad una certa ora qualcuno se ne va, rimangono ormai in pochi, sempre
i medesimi, ed anche se gli argomenti trattati non sono stati del tutto sviscerati,
non ha alcuna importanza, bisogna chiudere, la serata se ne è andata in fretta,
forse è rimasto qualcosa di tutte le parole pronunciate, o forse no; che tanto
di meglio proprio non si poteva fare.
Bruno Magnolfi
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