Ad iniziare proprio
da oggi, mio fratello gemello ha deciso di accompagnarmi fino al lavoro, almeno
qualche volta. Se ne sta fermo sul sedile del passeggero dentro la mia
utilitaria, e lascia che io guidi la macchina da casa mia fino agli uffici
della pubblica amministrazione, senza provocarmi alcun nervosismo, anzi,
spingendomi alla calma, come non ci fosse mai alcuna fretta, nonostante stamani
io sia leggermente in ritardo. Non avevo mai preso in considerazione
un’eventualità di questo tipo, però credo proprio che mi piaccia, perché è come
avere uno sguardo maggiormente obiettivo su tutto ciò che si fa. Il modo di
cambiare le marce dell’auto, le strade imboccate per muoversi all’interno della
città, perfino le espressioni che si assumono guidando, magari proprio mentre
qualche utente della strada mostra poco rispetto per tutti gli altri che gli si
muovono attorno.
Mi fermo al solito
caffè per acquistare un giornale e consumare rapidamente la colazione. Lui sta
con me, dentro la mia borsa portadocumenti, ed in qualche modo io so che mi
giudica, che tende ad assumere un vago atteggiamento di critica, pur
costruttiva, al minimo sospetto che stia per sbagliare qualche cosa. Mi sento
forte con lui, è chiaro, è come se fossi sempre sorretto da una persona fidata.
Potrei addirittura fare lo spaccone, dire al barista di prepararmi il solito
macchiato, ad esempio, e cose di questo genere. Quando arrivo al parcheggio
dell’amministrazione pubblica mi sento bene, talmente bene che resto in
macchina col motore spento per almeno un paio di minuti, senza fare niente,
solo per il gusto di assaporare la giornata prima di infilarmi dentro
l’ufficio.
In ogni caso so che il tempo mi scorrerà meglio
portando il mio gemello accanto a me, perché la sua presenza dentro la borsa è
per me un elemento di tranquillità per tutto ciò che faccio. Striscio il
tesserino magnetico e poi prendo l'ascensore, mentre qualche collega sta già
parlando a voce alta lungo le scale, come se le sue parole fossero l'elemento
fondante di tutta la giornata. Mi siedo alla mia scrivania e poi appoggio le
mani sopra il piano. "Eccomi qua", mi sento di dire sottovoce alla
borsa che staziona qua accanto; "una nuova giornata da trascorrere in
questa stanza, una serie infinita di momenti da riempire di senso, cercando di
recuperare almeno una parte di quell’entusiasmo che avevo nei primi giorni in
cui sono stato assunto per questo lavoro".
Poi prendo la cartella, e l'apro con lentezza:
dentro c'è il mio caro specchio avvolto con cura dentro una stoffa, ad evitare
danni per qualche urto inaspettato. Guardo soltanto per un attimo il piccolo
piano levigato dentro alla piccola cornice, e la mia faccia riflessa mostra
un’espressione che vorrei definire di curiosità e di fiducia. Ripongo
rapidamente tutto all'interno, non deve assolutamente succedere che a qualche
collega venga la voglia di infilare il suo naso in mezzo alle mie cose segrete.
Riprendo in mano le carte su cui stavo lavorando già il giorno passato e mi
concentro su ciò che c’è da fare, ma dopo poco sento della confusione insolita
provenire dal corridoio. Mi affaccio dal mio piccolo ufficio, e mi rendo conto
che due impiegati si stanno prendendo a male parole, tanto che già qualcun
altro si è avvicinato a loro per cercare di mettere fine alla discussione, e
magari evitare, sia ai due che a tutti noi, dei guai anche peggiori.
Non c’è niente di sorprendente penso, la noia che
imbeve questi uffici è capace di tirare fuori a chiunque i peggiori nervosismi,
anche senza avere degli ulteriori motivi validi per farlo. Torno a sedermi e
riprendo la mia cartella: guardo mio fratello di nuovo e so per certo che per
me tutto è diverso; la coscienza di avere lui insieme a me, è capace di
rendermi quasi un’altra persona, più equilibrata, più tranquilla, quasi
indifferente a tutti gli altri.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento