Impiego quasi un'ora per
andare in ufficio a piedi. Però, in questo ultimo periodo, ho preferito spesso fare
così, piuttosto che mettere in moto la mia utilitaria e farmi ancora prendere
in giro dai colleghi, magari proprio
mentre mi trovo nel parcheggio riservato a noi
impiegati dell'amministrazione pubblica. Loro si comportano in questo modo
giusto per farsi due risate alle mie spalle, considerato che la mia auto è
vecchia e che di questo modello non se ne
vedono quasi più in circolazione, ma a lungo andare quelle pungenti battute di
spirito mi hanno quasi portato all'esasperazione. Avevo addirittura pensato di
chiedere un prestito alla mia banca e di cambiare macchina, ma in fondo credo proprio che per ora non ne valga la pena.
La camminata in fondo mi
distende i nervi, riempie un po' del mio tempo libero ed alla fine mi costringe
soltanto ad alzarmi dal letto ogni mattina un po’ prima del solito. E poi
mentre cammino rifletto. Così ho quasi deciso di chiedere un trasferimento. Non
c’è niente che mi tenga incollato a questo posto di lavoro, perciò posso
andarmene tranquillamente in un’altra sede dove magari riesco ad allacciare dei
rapporti migliori con i colleghi che posso trovare.
Anzi, da quando ho
maturato questo pensiero mi sento già piuttosto meglio: mi fa sentire quasi
un'altra persona osservare i colleghi che perdono l’intera mattinata tra le
macchinette per il caffè e le immancabili discussioni sul calcio; è come se io
in questo momento mi sentissi in condizione di ridere in faccia a tutti quanti,
di non provare più alcuna timidezza nei loro confronti, di essere capace di
restare praticamente indifferente a qualsiasi battuta spiritosa riescono a
pronunciare sul mio conto. Per questo motivo penso che tra qualche giorno
tornerò ad andare agli uffici dell’amministrazione pubblica con la mia vecchia
auto, mostrando agli impiegati che mi troverò d’attorno, quanto poco sia interessato ai loro stupidi commenti.
Per adesso cammino,
certe volte mi sento stanco, ma incontrando molta gente lungo la strada, certe
volte mi sembra persino di riconoscere qualcuno, qualche persona tra tutti quei
passanti che rispetta i miei stessi orari e percorre lo stesso marciapiede su
cui cammino io, naturalmente in senso inverso. C’è tra gli altri una donna di
mezza età, una persona molto distinta, che ogni mattina incontrandomi finge costantemente
di non guardare dalla mia parte, anche se io ho capito benissimo che
desidererebbe solamente un pretesto per salutarmi magari con un bel sorriso.
Ho pensato di farmi cadere qualcosa mentre cammino, ma sembra una scusa
puerile. Perciò ho deciso che non ho bisogno proprio di alcun pretesto, ed una
di queste volte semplicemente la saluterò, con la semplice cortesia di chi non
ha secondi fini dentro la mente.
Lei potrebbe rispondermi
con un normale buongiorno, riconoscendomi in colui che incrocia ogni mattina su
quel marciapiede; oppure potrebbe addirittura soffermarsi un momento, come per
dare il tempo a chi le si trova di fronte, di fare una formale presentazione, allungando
due parole di circostanza. Decido che sarà in questo modo, perciò mi preparo,
cammino con una maggiore lentezza ed attendo di vedermela arrivare davanti.
Difatti eccola, vestita elegantemente come sempre, così scelgo la traiettoria
più adatta, le vado quasi incontro, ed infine le dico semplicemente:
“buongiorno”, con voce allegra; ma lei tira di lungo senza neppure guardarmi,
forse immaginando che avessi lanciato il saluto a qualcun altro dietro di lei. Però
non ha importanza, penso adesso; ci saranno sicuramente
altre possibilità.
Bruno Magnolfi
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