A me non piace stare a
casa. Piuttosto preferisco uscire da sola, generalmente di pomeriggio, e
camminare senza meta per il centro della mia città, osservando qualche volta le
espressioni delle persone che mi capita di incontrare con facilità, ed
ascoltando frasi e parole che la gente generalmente si scambia, divertendomi a
fantasticare sulle giornate di qualcuno tra coloro che noto di più, i suoi
probabili comportamenti, i piccoli gesti, per esempio, che un attimo dopo uno
di loro potrebbe addirittura eseguire veramente, e certe volte riflettere anche
sui minuti scopi che magari possono attraversare proprio in quel momento la sua
immaginazione. Ci sono tante persone che si fermano, certe volte in modo
distratto, ed in altre occasioni però con un vivo interesse, davanti alle
vetrine luminose dei negozi; e quando proprio non sono da sole come me, in
molti casi si scambiano pareri a voce alta, manifestando degli interessi, delle
idee, delle opinioni personali, e spesso le più varie, su tutto ciò che hanno
esattamente lì davanti agli occhi, certe volte incuriosendosi soltanto di un
semplice dettaglio che forse per altri potrebbe addirittura apparire del tutto
trascurabile.
Poi mi fermo
naturalmente presso la mia solita grande pasticceria preferita. Non entro
subito, ci passo davanti, fingo di cercare qualcosa nella mia borsetta, mi
guardo attorno come stessi aspettando qualcuno; ma soprattutto prima di mettere
i miei piedi all’interno, mi assicuro attraverso le grandi vetrine che non sia
troppo affollata, e che ci siano delle persone abbastanza interessanti sedute ai
tavolini oppure al bancone: coppie di innamorati che parlano tra loro come
fossero da soli, oppure degli anziani signori eleganti che leggono qualcosa dentro
al loro giornale ormai sgualcito, e trascorrono del tempo in questo modo, senza
molte altre pretese. Non mi piace invece quando scopro che dentro la saletta del
caffè ci sono dei giovanotti confusionari che festeggiano qualcosa per esempio,
ed in certi casi la loro baldoria mi ha portato persino ad evitare il locale in
quel momento, e forse a ripassare da lì semplicemente un po’ più tardi, oppure
anche per niente in quella stessa giornata.
Oggi però entro, e con
molta calma scelgo uno dei tanti tavolini liberi, visto che la pasticceria
sembra poco affollata, e poi mi siedo, dopo essermi per un attimo guardata
attorno, comodamente su una poltroncina, scegliendo con attenzione il punto di
vista da cui osservare almeno una parte del locale. Non mi interessa avere proprio
tutto sott’occhio, non sono così curiosa, e non ho persone da evitare oppure
conoscenti che debba salutare di malavoglia. Però mi concentro su un lato della
sala, e quando arriva il cameriere mi limito ad ordinare qualcosa, sbirciando con
pazienza il lungo banco vetrato a fianco, da dove affiorano le prelibatezze di questo
luogo: insieme ad un caffè lungo, prendo sempre poi il solito pasticcino alla
crema, anche se fingo persino adesso di sceglierlo per la prima volta. Infine
quasi sorrido di me stessa, e della mia capacità di essere sempre la medesima, in
grado di sopportare i comportamenti che apparentemente sembrano sempre identici
e monotoni, ma che in realtà evidenziano tutta la differenza che persiste anche
all’interno di una stessa cosa. Mi compiaccio della varia umanità che circola
là dentro, mi viene persino da sorridere pensando alle migliaia di gesti sempre
uguali che si compiono ogni volta, ed alla fine so per certo che le cose non potrebbero
andare altro che in questa esatta maniera, e proprio per questo forse me ne sento
subito rassicurata.
Bruno Magnolfi
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