"Come
state?", mi chiede dopo i saluti di rito questa vecchia zia a cui sono venuto a
fare visita dopo lungo tempo, nel timore, rimandando ancora, di non poterla più
vedere in vita, oppure di doverle portare un saluto su un anonimo letto
d'ospedale, mentre magari stenta addirittura a riconoscermi. "Sto bene di
salute", le rispondo io dopo averla abbracciata con delicatezza, e siccome
conosco bene la sua proverbiale capacità di leggere, direttamente in faccia
alle persone che ha di fronte, tutti i loro piccoli tormenti, aggiungo subito:
"però mi sento vuoto in questo periodo, come non avessi più grandi
desideri, o non riuscissi come sempre a mostrarmi dritto agli altri". È da
dire che questa donna certe volte ti guarda con un occhio acuto, e sa afferrare
al volo il rimedio che ci vuole. Però adesso mi osserva, mi guarda anche le
mani, ma non sa dire niente, non riesce forse neanche lei a decifrare il mio
malessere.
“Voi
da molto tempo siete in cerca di qualcosa”, dice magari soltanto per dare un
senso ed una soluzione alle sue capacità. Annuisco, non credo però sia questo
il mio problema, so che ho sempre meno voglia di mandare avanti le mie cose, di
affannarmi come facevo fino a qualche tempo addietro, anche per dare un significato
il più possibile compiuto ad ogni mia giornata, e di mettere in campo continuamente
quella curiosità sottile che sempre meno ritrovo adesso tra i miei
comportamenti. Non dico niente a questa zia che vive in altra epoca, a chiunque
dà del voi, e vive di pochissimo, come se cercasse continuamente il minimo che
serve per poter andare avanti. Però mi piace sapere che lei trattiene sempre
dentro di sé un’opinione precisa di chiunque abbia davanti, e vorrei tanto riuscire
a coglierla, almeno in una parte piccola.
Con
lei non esistono argomenti, se non la propria personalità, il raccontarle
qualcosa di se stessi, farle comprendere quali siano le attività ed anche i
pensieri a cui dedicarsi nella maggior parte del proprio tempo, come se di
quelli si potesse ricavarne un tema, un ragionamento più complesso,
un’occasione per riflettere meglio su alcune cose date per scontate. “Certe
volte vado ancora al circolo, per ritrovarmi coi miei vecchi amici, e
trascorrere un’ora insieme a loro. Ma non mi piace quasi più come una volta”,
le fo tanto per dire. Lei mi offre una caramella da un cestino che tiene aperto
sopra al tavolo, come si fosse tutti ancora dei bambini, invece di persone diventate
anziane, e poi mi dice: “ci sono degli amici che contano molto più di altri, e
vanno scelti”. Rifletto, forse qualcosa di giusto c’è in queste parole. E’ vero
che non ho una persona a cui riferirmi più delle altre, per esempio; ed è vero
che magari quando siamo in quattro o cinque, anche gli argomenti diventano per
forza più semplici e più superficiali.
“La
vostra è soltanto solitudine”, dice lei alla fine, mentre si alza lentamente
dalla sua sedia; “paura di riferirvi a qualcuno pari vostro, con le parole
stesse del cuore, abbandonando i passatempo e le cose più scherzose, tirando fuori
poco per volta ciò che celate, e poi ascoltando; già, perché solo ascoltando
qualcuno che veramente vi rimane più vicino, potrete essere sicuro di ciò che
siete veramente, e non sentirvi ancora vuoto”. Resto colpito da queste sue
parole, mentre rimango ancora seduto al tavolino rigirando lentamente in bocca quella
sua caramella, e la mia zia però sembra abbia terminato, e con un gesto pare
adesso accompagnarmi già verso la porta, forse affinché io possa rimanere solo
adesso, a ripensare bene tutto quello che mi ha detto.
Bruno
Magnolfi
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