Respiro
ancora, nonostante tutto. Sono fermo, immobile, a terra, forse in una posizione
innaturale, e cerco, tra i dolori fortissimi che provo, di capire cosa mai sia
successo, anzi, di comprendere com’è possibile che io sia ancora vivo. Un
tirante dell’impalcatura ha ceduto, c’è voluto un attimo, neanche il tempo
sufficiente ad allungare d’istinto una mano per sorreggermi, sfiorando per
ironia quel corrente che avrebbe potuto evitarmi tutto quanto, ed ero nel
vuoto, in una stupida, inspiegabile, caduta libera. Sembra quasi uno scherzo,
potrei tornare indietro, ad un attimo fa, e continuare a lavorare sulla
facciata di quel terzo piano ad applicare l’intonaco, fischiando lentamente
qualche canzone, come a volte mi piace fare, e stando ben attento a lisciare
bene la malta, che non si noti alcuna strisciata nel lavoro finito, perché io
voglio sempre dare un risultato accurato, che tutti restino contenti di quello
che ho fatto.
Come uno
stupido, non mi spiego in alcuna maniera il perché io sia qui, adesso. Sono
sicuro che nessuno mi ha visto, ero da solo stamani là sopra, neanche il tonfo
è stato avvertito, il rumore di un corpo che cade in questa piccola corte dove
non abita ancora nessuno è un niente, un piccolo colpo tra milioni di altri
colpi. Potevo allungare di più la mia mano, forse, bastava pochissimo, un
niente per neutralizzare questo destino. Invece sono rimasto sorpreso, non
avrei mai pensato che potesse accadere una cosa del genere, e se non l’avevo
pensata non era neanche vera, non era possibile, per questo sono rimasto troppo
ad indugiare, perché non mi pareva possibile che accadesse proprio a me una
cosa così.
La mia
meraviglia era tanta anche mentre volavo, mentre cadevo giù come un sacco di
stracci tirati per spregio da una finestra, ancora incredulo, inebetito. Ed
adesso ecco qua, tutti i miei sogni, la mia famiglia, il bambino piccolo, tutto
finito, per bene che vada resterò invalido, impossibilitato a lavorare, sarò
solo un peso per tutti. Adesso tutti i dolori si sono fatti fortissimi, sento
che sto per svenire, non resisto, e ancora ripenso a come sia stato possibile
in quell’attimo assurdo, che non mi sia reso conto, che sia volato giù senza
far niente, che sia stato sconfitto così, senza neanche essermi minimamente difeso.
Chissà se perdo sangue da qualche parte, non voglio neanche pensarci, posso
morire qui, dissanguato, come un cretino.
Poi muovo una
mano, mi rendo conto che sono caduto dentro a una piccola aiuola, e la terra ha
attutito la botta, altrimenti sarei rimasto spiaccicato sopra il cemento. I
dolori sono insopportabili, ma devo resistere adesso, devo fare uno sforzo,
abbandonarmi significa perdere tutto. Ho voglia di piangere, di disperarmi,
invece devo essere lucido, pensare cosa fare, cercare di richiamare
l’attenzione di qualcuno. Mi sento sconfitto, se devo rimanere un peso per
tutti preferisco morire, ma come si fa a scegliere, come si fa a decidere che
cosa è la vita, cosa ci riserva, quali segreti ha ancora per noi? Devo
muovermi, devo pensare a come attirare l’attenzione su me, devo concentrarmi su
questo, nient’altro deve passare per la mia testa in questo momento.
Poi sento una
voce, proprio quando sono preda del panico, e non riesco più neppure a pensare,
e ho solo voglia di piangere e di disperarmi. Arriva la barella, qualcuno dice
che ci sono fratture, ma non ho perso sangue, non ho sbattuto la testa, ci sono
ancora speranze; la vita non mi è parsa mai così bella.
Bruno
Magnolfi
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