Stridore
di freni di un treno lontano. E’ mattina, Franco si muove dall’angolo dove ha
passato la notte. Ha freddo adesso, ma il sole che sorge tra un po’ sarà caldo,
lui siederà sopra una panchina e starà subito meglio. Dentro il suo zaino non
ce n’è più niente, neanche una briciola di quel pezzo di pane che ha
sbocconcellato per tutta la sera. Non importa, a mezzogiorno andrà a mangiare
alla mensa. Si sente libero prima ancora di andare fin lì.
Poi, mentre
paziente sta in fila, sente di essere uno come gli altri. A volte gli viene da
ridere per quella vita stupida, trascinata da un angolo all’altro, tutta al
presente, senza alcuna prospettiva. La gente fa la carità per conservarti così
come sei, pensa Franco, e togliersi un piccolo peso dalla coscienza. A volte
ripensa a ciò che è successo. E’ stato veloce il percorso, è bastato che a sua
moglie fosse intestata la casa, dopo la causa del divorzio, che lui perdesse il
lavoro, subito dopo, e il gioco era fatto.
Ho perso, a
volte dice tra sé, come per ricordarsi della sua condizione, del suo stato. Ma
la giornata davanti è ancora lunga, intera, possono accadere tantissime cose.
Lui non ha più cercato nessuno, parenti lontani, amici, ex vicini di casa. Che
importa, si sente bene mentre ciondola con il suo bagaglio di niente, non ha
bisogno degli altri. Poi si siede su un muro di pietra: si è accorto che alla
scarpa sinistra si è aperta la suola. E’ un guaio, se diventa difficile
camminare tutto è estremamente più complicato. Per lui che è sempre stato un
perfezionista, è difficile riuscire ad accettare quella scarpa sfondata.
Mentre è lì
che armeggia cercando di sistemare alla meglio le cose con un pezzo di spago
che aveva nello zaino, un’auto passa vicino al muro di pietra rallentando, si
ferma, scende una donna. Si avvicina, lo guarda, è sua moglie. Gli chiede cosa
sia successo, qualcuno le aveva detto qualcosa nei giorni passati, lei lo stava
cercando. E’ incredula, le pare impossibile che si sia ridotto così, gli chiede
di andare in un bar, mangiare qualcosa, giusto per togliersi il freddo di
dosso, ma Franco guarda per terra, non ha bisogno di niente, gli resta quel
minimo di orgoglio che gli fa sollevare la testa e restare in silenzio,
indifferente.
Le mostra la
sua scarpa, l’unico vero problema che adesso lo affligge, lei allora gli chiede
di salire sulla sua macchina, per favore, di farsi aiutare, le viene da
piangere. Lui pensa con ironia alle favole di quando era bambino, alla piccola
fiammiferaia, a cose del genere, e forse avrebbe voglia di ridere, ma resta
fermo, anche se non sa cosa fare. Poi sua moglie lo convince a salire sopra
l’auto, gli dice che non avrebbe mai immaginato una cosa del genere, che adesso
cambierà tutto per lui, starà a casa sua, insieme a lei, fino a che non avrà
ritrovato un altro lavoro, che tutto si sarà sistemato.
“Anch’io sono da sola, Franco”, gli dice; poi
si ferma davanti a un caffè per comprargli qualcosa. Lui aspetta solo che lei
sia entrata dentro al locale, apre con calma lo sportello, si guarda per un
attimo attorno, poi se ne va. Ho solo bisogno di un altro paio di scarpe, pensa
con calma, e di nient’altro.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento