giovedì 11 febbraio 2010

Fuori dal coro.

            

            Il taglio nella gamba era profondo. Subito dopo essere caduto su quel ferro appuntito, il bambino non aveva potuto fare a meno di piangere, ma lo aveva fatto comunque con dignità, non mostrando ai compagni la paura, solo la sofferenza, il dolore vivo che provava. Gli altri lo avevano soccorso, ma quel sangue che usciva dalla ferita pareva inarrestabile, nonostante l’acqua, i fazzoletti, l’arto subito sollevato. Tutta la gamba era ormai insanguinata sotto a quei suoi calzoncini corti, perfino il calzino e la scarpa da ginnastica, e i suoi compagni mostravano una grande preoccupazione, la necessità impellente di prendere decisioni importanti.
Il bambino ferito era il capo di loro, quello che stabiliva sempre le cose per tutti, era lui che adesso doveva decidere, ma pareva come in attesa di una forza superiore che all’improvviso gli chiudesse quel taglio, gli togliesse il dolore, permettesse alle sue gambe di tornare a giocare come avevano fatto fino a quel momento. Era lui che sapeva sempre tutto, che ogni giorno aveva le idee per i pomeriggi dopo la scuola, e trascinava con sé tutti gli altri: conosceva i loro ruoli, la personalità di ciascuno, e orchestrava le cose sempre nella maniera migliore.
Passavano ancora i minuti senza che niente cambiasse, e il bambino pareva sempre più pallido, con gli occhi chiusi, la testa riversa sull’erba, l’espressione di sofferenza sul viso. Nessuno di loro sapeva che fare, tutti aspettavano qualcosa da lui, e in quell’incertezza qualcuno forse aveva voglia di piangere, di urlare, di disperarsi per una situazione a cui non si sentiva minimamente preparato; cose da grandi, ognuno pensava, adatte ai genitori, in mezzo alle quali solo loro avrebbero saputo che fare. Ma il bambino scuoteva la testa quando gli altri gli chiedevano di andare a chiamare qualcuno: “Ora passa…”, aveva detto all’inizio, poi non aveva aggiunto nient’altro.
Quando era svenuto gli altri avevano avuto un moto collettivo di disperazione, ed era stato solo allora che si erano accorti che uno di loro mancava. Era Marco, che si era allontanato di corsa, che era andato a chiamare qualcuno, che più di tutti aveva capito che fare, e già da lontano su quello spiazzo di terra si vedeva che stava arrivando di corsa un medico e un infermiere della farmacia lì vicino, e insieme a loro c’erano tre o quattro adulti disposti a dare una mano a quei bambini, perché loro erano davvero troppo bambini per riuscire a cavarsela senza un aiuto.


            Bruno Magnolfi

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