L’uomo
e la donna camminavano lentamente lungo il marciapiede. Lui si sentiva
orgoglioso, insieme loro due formavano proprio una gran bella coppia, ma
soprattutto gli sembrava come se un alone di completezza circondasse il loro
starsene assieme, come se niente fosse in grado di incrinare quella loro
complicità. Se si concentrava riusciva a vedere con gli occhi degli altri quel
loro procedere al ritmo di passeggiata, e in questo osservarsi gli pareva che
loro due costituissero quasi un elemento centrale per tutta la strada, ma allo
stesso tempo come se il loro procedere ne fosse una parte qualsiasi, un ingrediente
qualunque mescolato con altri. La sensazione che provava era difficile da
definire: era felice, ma nel medesimo tempo era preoccupato che la sua felicità
fosse quasi un’assurdità, pronta, in qualsiasi momento, per essere incrinata o
ridicolizzata da un evento qualsiasi, da un elemento che sull’immediato non
poteva neppure prevedere.
Camminava in
silenzio, e la sua mente confusa in questi pensieri, si sforzava di trovare le
parole giuste per dire a lei ciò che sentiva, finendo per non dirle niente. Il
viale era fiancheggiato da alberi alti, e i grandi marciapiedi dipanavano il
passeggio del pomeriggio domenicale. Lei, al suo fianco, procedeva ugualmente in
silenzio, e intanto pensava al futuro, al matrimonio, alla vita da costruire
con lui. Non le importava che il suo fidanzato certe volte apparisse un po’
strano, faceva forse parte della sua personalità essere ombroso, ciò di cui provava
una sicura felicità era quel sentirsi appagata in quel rapporto; forse avrebbe
potuto trovare di meglio, aveva pensato qualche volta, ma il suo naturale
ottimismo la portava verso la convinzione che tutto in futuro si sarebbe sistemato
anche meglio di adesso.
I loro passi
erano sincroni, il loro procedere definiva il desiderio di ambedue delle
medesime cose, ed erano pronti ad affrontare anche dei sacrifici pur di
ottenerle. Il viale era pieno di gente, e in mezzo a loro c’era un ragazzo che
lei conosceva o che aveva conosciuto in passato. Un frettoloso saluto, lo
sguardo abbassato subito dopo, la faccia rossa per qualcosa che non avrebbe
voluto accadesse. Qualche domanda di lui che non riusciva a capire, l’imbarazzo
di lei che non riusciva a spiegarsi, e all’improvviso le nuvole rosa che
avevano girato sopra di loro fino a quel momento e che adesso parevano sperse,
convogliate in un cielo grigio che non prometteva niente di buono. Era la
strada il nemico, troppa gente, troppe espressioni diverse, troppi giudizi a
cui darsi in pasto. Avrebbero cambiato, lo sapevano dentro di loro senza
neanche dirselo: mai più a passeggio lungo il viale alberato la domenica
pomeriggio; troppa folla, era meglio evitarla.
Bruno
Magnolfi
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