Il signor
Vannini e la sua consorte, come già era accaduto qualche altra volta anche se
non di frequente, avevano invitato per quella sera i coniugi Rilotta a prendere
un caffè in casa loro. Si erano accomodati nelle poltrone del salotto e dopo
poco la signora Vannini era tornata con uno scintillante vassoio con il caffè e
dei pasticcini. La signora Rilotta aveva detto con voce stridula e vagamente
ridicola qualcosa di convenevole sul servito elegante appoggiato sul tavolo
basso, e aveva aggiunto qualcosa sull’incomodo che si era andata a cercare la
signora Vannini, con quegli splendidi centrini merlettati che fungevano da
sottotazza, e comunque compiacendosi della finezza per quegli oggetti così
aristocratici, anche se il marito dell’altra aveva smorzato le cose spiegando
quanto sua moglie ci tenesse a quel tipo di cose.
Poi avevano
subito iniziato a parlare del loro quartiere, visto che le loro abitazioni
rimanevano poco distanti, e in fondo questo era anche il motivo della loro
conoscenza. “Ormai è diventato uno schiamazzo continuo, e se fino a pochi anni
fa queste strade erano caratterizzate da tranquillità e da calma, adesso è
tutto il contrario”, diceva la signora Vannini. Il signor Rilotta continuava ad
osservarla senza farsi notare, immaginando il suo modo di fare all’amore con
suo marito, sempre con quella mascella leggermente tirata, come di chi non è
mai d’accordo su niente, e forse gli veniva persino da sorridere pensando a un’immagine
del genere; e così, tanto per mostrare il suo interesse per quell’argomento,
disse subito: “Tutta colpa delle famiglie dei nuovi arrivati, con quella
miriade di figli che rimangono tutto il santo giorno per strada; e poi non gli
basta, si mettono pure a giocare e a fare gazzarra”. “Ha ragione”, colse al
volo l’argomento il signor Vannini; “L’altro giorno una pallonata è arrivata
direttamente sul cofano anteriore della mia auto mentre tornavo a casa, roba
che dalla paura per poco non andavo a sbattere in un albero del vialetto, e a
nulla è servito averli rimproverati, hanno continuato come se tutto fosse
normale”.
A questo
punto, mentre gli altri scuotevano la testa per mostrare la loro solidarietà su
quanto l’altro aveva appena riferito, il signor Rilotta, forse eccitato da quell’argomento,
fece una mossa un po’ brusca, rovesciando con malagrazia la sua tazzina di
caffè che cadendo sul pavimento irrimediabilmente si ruppe. La faccia della
signora Vannini naturalmente assunse espressioni indescrivibili, e in mezzo
alle scuse immediatamente poste in essere con espressioni del tipo: “Non riesco
proprio a capire come possa essere successa una cosa del genere”, tutti si
dettero immediatamente da fare per cercare di pulire e sistemare le cose,
compreso il marito della signora Vannini, preoccupato anche lui per le
conseguenze.
Naturalmente
la serata apparve subito senza rimedio, ma le cose precipitarono ancora quando
la signora Rilotta, riferendosi soltanto al signor Vannini, che essendo più
ragionevole forse era anche d’accordo, disse che probabilmente non sarebbe
importato tirare fuori un servito prezioso del genere per una serata tra amici.
La moglie comprese al volo la critica ai suoi comportamenti insita in
un’affermazione del genere, e così si sentì subito in dovere di replicare che
lei era abituata a fare le cose per bene, e a trattare anche gli ospiti non
meritevoli con un certo riguardo, cosa che fece inalberare la Rilotta , in difesa del suo
disattento marito, dicendo con un certo orgoglio: “Non si può sostenere che un
incidente sia dato da mancanza di rispetto o cose del genere; comunque se ne ha
proprio bisogno, le ricompriamo volentieri l’intero servito”.
Tutto
precipitò, e le cose perdendo di qualsiasi razionalità si portarono in avanti
con una polemica infinita intorno ai modi e ai sistemi migliori di
comportamento, e siccome i signori Rilotta avevano intanto riavuto dal signor
Vannini i soprabiti per andarsene via, la discussione si era spostata
direttamente fuori dalla porta, lungo il breve vialetto che portava alla strada.
Le loro voci adesso erano stridule e si accavallavano le une sopra le altre nel
silenzio della serata, compresa quella della signora Rilotta che cercava di
dare il meglio di sé difendendo a spada tratta il marito, e fu solo ad un certo
momento, dopo essere andati avanti con voci alterate per parecchi minuti che si
resero conto che qualcuno, in fondo alla strada, stava cercando di chiedere un
po’ di silenzio, un minimo di calma; “Perché così””, diceva la voce, “Sembra proprio
di essere dentro a un mercato”.
Bruno Magnolfi
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