Lui
stava spesso seduto sulla sua solita sedia, nella medesima posizione, ma il forte
ronzare di quel silenzio era impietoso, lo faceva quasi star male. Allora certe
volte gli accendevano il televisore davanti, ma lui non lo vedeva neanche,
sentiva soltanto un brusio inconcepibile in mezzo a delle macchie di colore
luminoso. Quando se ne stava lì, dentro la casa, le sue mani spesso tremavano,
non riuscivano a trovare una posizione per starsene ferme, a riposo, senza far niente.
Negli ultimi tempi aveva preso perciò ad uscire per delle brevi passeggiate
attorno al quartiere, senza allontanarsi mai troppo. Camminava molto, lungo i
soliti itinerari, cercando di non avere pensieri, concentrandosi solo sui suoi
passi, sui piedi, sui marciapiedi che aveva di fronte.
Il dottore
aveva detto che i suoi pensieri facevano male, qualche volta lo portavano ad
avere delle idee che non andavano bene, e se lui non riusciva ad essere più
forte di loro, tutto prendeva una piega sbagliata, come quella volta quando
aveva cercato di abbracciare per strada quella ragazza che neppure conosceva.
Certe cose non si dovevano proprio pensare, aveva detto il dottore, lui doveva
impegnarsi ad allontanare i pensieri, tenerli distanti da sé. Così camminava,
non guardava nessuno, teneva le sue mani sprofondate dentro alle tasche e non
faceva nient’altro, non si faceva venire neppure un pensiero. Qualcuno per
strada forse lo osservava, altri lo conoscevano almeno di vista: c’era un uomo
in un chiosco che qualche volta gli aveva regalato un panino e gli diceva sempre
qualcosa di divertente, che lo faceva sorridere, ma lui non dava retta a
nessuno, tirava diritto e si sentiva bene così.
Poi era
arrivata chissà da dove una donna con dei seni grossi, per metà già fuori dalla
scollatura del suo vestito. Gli aveva detto, senza vergogna, se mi dai cento
lire ti faccio vedere le zinne. Lui non aveva neanche un soldo, e si era
sentito confuso per quelle parole, forse non gli interessava neanche vedere
com’era fatta quella donna sotto alla sua camicetta, ma lei aveva aggiunto
qualcosa che lui non aveva neppure capito, e il giorno dopo lei era ancora lì,
in quel giardinetto, e i pensieri nella sua testa avevano cominciato a girare. Per
questo l’aveva evitata, e quasi di corsa era tornato subito indietro, sui suoi
passi. Aveva visto davanti a sé quel chiosco con l’uomo che sempre lo salutava,
ed era andato da lui, senza riuscire a capire di che cosa avesse veramente bisogno,
ma come cercando un aiuto senza neppure saper bene cosa chiedere.
L’uomo aveva
da fare, gli aveva detto qualcosa di divertente come ogni volta, senza quasi
guardarlo, e aveva continuato ad occuparsi di altro, mentre lui intanto si era
accorto che tutto il mondo aveva preso ad emanare un brusio insopportabile.
Guardava intorno, sentiva il brusio, guardava quell’uomo del chiosco, i panini,
le salse, i salumi, il bancone che era coperto di roba da mangiare, e in bella
vista c’era lì quel coltello appuntito. Doveva far smettere tutto il frastuono,
quel brusio inammissibile, aveva bisogno assolutamente che qualcuno lo
guardasse, che si interessasse di lui, che gli desse un aiuto, così prese di
scatto il coltello e se lo infilò dentro ad un fianco, spingendo, spingendo
sempre più forte, fino a che il sangue e il dolore iniziarono a dimostrare che
lui c’era, la sua presenza era vera, anche se adesso si sentiva confuso, e gli
era impossibile dire che non avrebbe mai voluto esserci, e anche se non voleva
del tutto annientarsi, ora bastava smettesse il rumore di tutti i pensieri,
quei pensieri che adesso parevano pazzi. Restava lì a terra, nel suo dolore, nel
sangue, contorcendosi ancora, e tutti correvano intorno al suo corpo, a
curiosare su quello che stava accadendo, ma i suoi pensieri adesso volavano via
da quella ferita, pur con tutto il dolore che lui sentiva dentro di sé, erano
liberi loro, andavano dove volevano, non c’era più niente che poteva tenerli
rinchiusi; lo avrebbe detto al dottore, si sarebbe spiegato, erano quei
maledetti pensieri che sciupavano tutto nella sua vita.
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