martedì 20 aprile 2010

Una cosa qualsiasi in cui credere.

           

            Tra i miei pensieri tutte le cose si frantumano in sciocchezze. Ascolto qualcuno che parla, che spiega le proprie convinzioni, ed io vorrei scuotere la testa, mostrare che non credo affatto in quello che viene detto, ma non voglio apparire negativo, così resto in silenzio, lo sguardo basso, immobile, di chi almeno pensa qualcosa, riflette sopra la realtà.
Certe volte credo sarebbe meglio godersi tutto nel suo insieme, immergersi dentro ad un complesso di cose che non permetta alcuno spazio analitico, e così perdersi nella grandezza delle possibilità; in altre occasioni cerco di lasciarmi andare dietro a minuscoli particolari, a dettagli così esili che finisco per chiedermi quale senso abbia tutto il mio affanno. Ogni aspetto, pur quello più invitante, maggiormente appetibile tra quelli che mi possono venire in mente, mi provoca un inizio di entusiasmo che in genere dura lo spazio di un momento, e poi ricade, inesorabilmente, lasciandomi ancora più amareggiato che in precedenza.
Svolgo il mio lavoro, come sempre, mando avanti la mia vita come ho fatto ogni giorno da quando ho la ragione. Eppure tutto mi appare insulso e monotono, anche se non lo vorrei. Alla fine della giornata so che niente è stato come avrei voluto, così esco di casa per sentire il fresco della sera, giro a caso mentre mi accendo una sigaretta, l’ultima prima di dormire. Un richiamo lontano arriva fino lì, è un suono particolare, qualcosa che non mi è mai capitato di sentire. Vorrei seguirlo, capire da dove possa arrivare, mi concentro sulla percezione della sua qualità, sulla direzione di provenienza, sul suo significato, se mai uno ce ne possa essere. Decido di seguirlo, mi muovo lentamente all’inizio, quasi con titubanza, poi accelero i miei passi, sempre più in fretta. Percorro varie strade, sembrano tutte simili, qualcuno mi guarda forse con un moto di apprensione.
Infine giro un angolo ed il suono è lì, c’è già molta gente, tutti hanno raccolto quel richiamo, si intravede quella sorgente tra le teste, illuminata a giorno dalle fotoelettriche a mostrarne ogni particolarità. Qualcuno forse si chiede il senso di una cosa del genere, ma quello è l’aspetto meno importante: abbiamo risposto al richiamo, è questa la cosa fondamentale, ci riconosciamo tra quanti siamo lì, esiste un aspetto che ci lega, sentiamo dentro di noi una necessità impellente, forse siamo noi la necessità impellente, adesso lo sappiamo, ne abbiamo piena coscienza, ormai possiamo anche fumarci la prima sigaretta del giorno dopo, e poi andarcene tranquillamente a dormire.


Bruno Magnolfi

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