mercoledì 24 settembre 2025

Almeno qualcosa.


            Qualcuno in paese la riconosce immediatamente mentre lei scende dalla sua decappottabile appena parcheggiata in un modo casuale e poco appropriato, nonostante indossi sul volto un paio di occhiali scuri e sul capo un buffo cappellino, a coronamento di un abito composto da giacca e pantaloni color crema sicuramente di pregio. È la signora Lucia, la sorella minore dei Conti Tornassi, in giro tra quelle case del borgo forse per capire come stanno andando le cose, e che opinione si sia diffusa nel centro abitato per le odiosissime indagini in corso da parte della magistratura sulla propria famiglia. Nell’osteria, alla fine della strada principale, nel giro di poco sembra quasi non si possa parlare d’altro argomento. Qualcuno sostiene subito che i tre fratelli mal sopportano quell’essere tenuti in sospeso tra i pareri discordanti che si sono formati i cittadini di Pian dei Fossi su di loro, e quel sentirsi preda di qualche bocca sguaiata e dedita al vino di scarsa qualità, a loro parere, sembra senz’altro qualcosa di inconcepibile, anche se forse non comprendono adeguatamente come poter riuscire a tirarsi fuori da una situazione così poco piacevole. Lei entra rapidamente nella tabaccheria poco lontana, e quando ne esce si accende con rapidità una sigaretta, si guarda un po’ attorno, e poi, forse cercando di mostrarsi come una persona forte che non prova alcun timore nei confronti di un gruppo di semplici paesani, si incammina decisa verso la piazza, poche decine di metri più avanti, quella stessa dove si apre la storica osteria del paese. Ci sono alcuni uomini all’aperto che parlano tra loro in quel momento, e tutti, senza essere troppo insistenti, tengono d’occhio quel suo passo nervoso, quell’incedere che sembra voler stabilire una volta per tutte da quale parte stia la ragione.

            Alcuni la salutano, ma senza usare alcuna enfasi, mentre altri si voltano di fianco al suo passaggio, e lei sembra non guardare in faccia nessuno, mentre conserva gli occhi protetti dalle sue lenti scure. Infine, quando si trova proprio davanti a quell’osteria, si ferma per un attimo, schiaccia a terra con sprezzo la sua sigaretta, e poi resta immobile per qualche momento, come se il suo fosse un vero gesto di sfida verso tutti coloro che forse in cuor proprio hanno già condannato sia lei che i suoi due fratelli, sfoderando una grinta che forse in pochi precedentemente avevano notato. Infine, quasi per prendere le distanze dagli individui da cui è circondato, esce dal locale uno dei caporali che notoriamente lavorano per i Conti Tornassi, e quindi va diritto verso la Contessa, la saluta con garbo, e subito le chiede se può esserle utile, naturalmente meravigliandosi di vederla da quelle parti. Lei non risponde, sembra quasi osservare qualcosa oltre il punto di vista più generale, come se i suoi occhi si proiettassero verso un giudizio superiore a quello che probabilmente sta cercando lei stessa di verificare, e come se la sua opinione su tutti coloro che restano fermi con i piedi sopra le pietre del marciapiede, fosse soltanto una decisa condanna, contrapposta in maniera più forte nei confronti di coloro che credono forse di aver deciso già tutto sul conto della sua famiglia.

            Quella di Lucia Tornassi appare subito una vera sfida, un gesto di superiorità nei confronti delle voci di popolo che sembrano quasi infrangersi di fronte ad un comportamento così intransigente e deciso come il suo, e forse nelle proprie intenzioni c’è persino il desiderio di mostrare un’intimidazione decisa nei confronti di gente giudicata da sempre soltanto manodopera semplice, da usare al bisogno di ogni stagione nelle proprie tenute. Quindi si volta su un fianco, osserva qualcosa nella propria borsetta, e poi si incammina senza alcuna fretta verso la sua automobile. La raggiunge rapidamente poco dopo il direttore della filiale bancaria che ha la sua sede lungo la strada, le dice qualcosa che nessuno tra chi osserva ogni gesto sa decifrare, Lucia risponde con poche parole, con la faccia tirata, e solo a quel punto toglie gli occhiali da sole, nonostante la giornata sia grigia, con il cielo coperto di nuvole. Probabilmente il direttore le chiede di fermarsi un momento dentro al suo ufficio, di fargli l’onore di sedersi per qualche minuto presso la sua scrivania, magari per sorseggiare un caffè o qualsiasi cosa desideri, ma lei alza leggermente una mano come per un gesto di vago diniego, e quindi prosegue, ormai in sua compagnia, fino a raggiungere la propria macchina. L’apre velocemente, mentre l’altro le tiene la portiera, e poi avvia il motore, mentre al direttore non resta che chiudere lo sportello e salutarla addirittura con un debole e goffo gesto di inchino.

            È guerra aperta, dicono alcuni, e da ora in avanti non avremo certo da attendersi dei segnali amichevoli da parte dei Tornaconti. Qualche superficiale, rientrando con calma dentro l’osteria, si offre di pagare da bere a degli altri, assaporando il piacere di aver visto una scena del genere, ma per qualcuno l’espressione seria e pensierosa assunta in un attimo sulla faccia, dimostra chiaramente che la propria opinione è volta al più forte pessimismo. L’oste non commenta alcunché, anche se tutti, davanti al suo bancone, sembra abbiano voglia di dire a voce alta almeno qualcosa.

 

            Bruno Magnolfi

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