Qualcuno in
paese la riconosce immediatamente mentre lei scende dalla sua decappottabile appena
parcheggiata in un modo casuale e poco appropriato, nonostante indossi sul
volto un paio di occhiali scuri e sul capo un buffo cappellino, a coronamento
di un abito composto da giacca e pantaloni color crema sicuramente di pregio. È
la signora Lucia, la sorella minore dei Conti Tornassi, in giro tra quelle case
del borgo forse per capire come stanno andando le cose, e che opinione si sia
diffusa nel centro abitato per le odiosissime indagini in corso da parte della
magistratura sulla propria famiglia. Nell’osteria, alla fine della strada
principale, nel giro di poco sembra quasi non si possa parlare d’altro
argomento. Qualcuno sostiene subito che i tre fratelli mal sopportano
quell’essere tenuti in sospeso tra i pareri discordanti che si sono formati i
cittadini di Pian dei Fossi su di loro, e quel sentirsi preda di qualche bocca
sguaiata e dedita al vino di scarsa qualità, a loro parere, sembra senz’altro qualcosa
di inconcepibile, anche se forse non comprendono adeguatamente come poter
riuscire a tirarsi fuori da una situazione così poco piacevole. Lei entra
rapidamente nella tabaccheria poco lontana, e quando ne esce si accende con
rapidità una sigaretta, si guarda un po’ attorno, e poi, forse cercando di
mostrarsi come una persona forte che non prova alcun timore nei confronti di un
gruppo di semplici paesani, si incammina decisa verso la piazza, poche decine
di metri più avanti, quella stessa dove si apre la storica osteria del paese.
Ci sono alcuni uomini all’aperto che parlano tra loro in quel momento, e tutti,
senza essere troppo insistenti, tengono d’occhio quel suo passo nervoso,
quell’incedere che sembra voler stabilire una volta per tutte da quale parte
stia la ragione.
Alcuni la
salutano, ma senza usare alcuna enfasi, mentre altri si voltano di fianco al
suo passaggio, e lei sembra non guardare in faccia nessuno, mentre conserva gli
occhi protetti dalle sue lenti scure. Infine, quando si trova proprio davanti a
quell’osteria, si ferma per un attimo, schiaccia a terra con sprezzo la sua
sigaretta, e poi resta immobile per qualche momento, come se il suo fosse un
vero gesto di sfida verso tutti coloro che forse in cuor proprio hanno già
condannato sia lei che i suoi due fratelli, sfoderando una grinta che forse in
pochi precedentemente avevano notato. Infine, quasi per prendere le distanze
dagli individui da cui è circondato, esce dal locale uno dei caporali che notoriamente
lavorano per i Conti Tornassi, e quindi va diritto verso la Contessa, la saluta
con garbo, e subito le chiede se può esserle utile, naturalmente meravigliandosi
di vederla da quelle parti. Lei non risponde, sembra quasi osservare qualcosa
oltre il punto di vista più generale, come se i suoi occhi si proiettassero
verso un giudizio superiore a quello che probabilmente sta cercando lei stessa di
verificare, e come se la sua opinione su tutti coloro che restano fermi con i
piedi sopra le pietre del marciapiede, fosse soltanto una decisa condanna,
contrapposta in maniera più forte nei confronti di coloro che credono forse di
aver deciso già tutto sul conto della sua famiglia.
Quella di
Lucia Tornassi appare subito una vera sfida, un gesto di superiorità nei
confronti delle voci di popolo che sembrano quasi infrangersi di fronte ad un
comportamento così intransigente e deciso come il suo, e forse nelle proprie
intenzioni c’è persino il desiderio di mostrare un’intimidazione decisa nei
confronti di gente giudicata da sempre soltanto manodopera semplice, da usare al
bisogno di ogni stagione nelle proprie tenute. Quindi si volta su un fianco,
osserva qualcosa nella propria borsetta, e poi si incammina senza alcuna fretta
verso la sua automobile. La raggiunge rapidamente poco dopo il direttore della
filiale bancaria che ha la sua sede lungo la strada, le dice qualcosa che
nessuno tra chi osserva ogni gesto sa decifrare, Lucia risponde con poche
parole, con la faccia tirata, e solo a quel punto toglie gli occhiali da sole,
nonostante la giornata sia grigia, con il cielo coperto di nuvole.
Probabilmente il direttore le chiede di fermarsi un momento dentro al suo
ufficio, di fargli l’onore di sedersi per qualche minuto presso la sua
scrivania, magari per sorseggiare un caffè o qualsiasi cosa desideri, ma lei
alza leggermente una mano come per un gesto di vago diniego, e quindi prosegue,
ormai in sua compagnia, fino a raggiungere la propria macchina. L’apre
velocemente, mentre l’altro le tiene la portiera, e poi avvia il motore, mentre
al direttore non resta che chiudere lo sportello e salutarla addirittura con un
debole e goffo gesto di inchino.
È guerra
aperta, dicono alcuni, e da ora in avanti non avremo certo da attendersi dei segnali
amichevoli da parte dei Tornaconti. Qualche superficiale, rientrando con calma dentro
l’osteria, si offre di pagare da bere a degli altri, assaporando il piacere di
aver visto una scena del genere, ma per qualcuno l’espressione seria e
pensierosa assunta in un attimo sulla faccia, dimostra chiaramente che la
propria opinione è volta al più forte pessimismo. L’oste non commenta alcunché,
anche se tutti, davanti al suo bancone, sembra abbiano voglia di dire a voce
alta almeno qualcosa.
Bruno
Magnolfi
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