venerdì 19 settembre 2025

Miracolo possibile.


            <<Ciao mamma>>, dice con semplicità lui al telefono. Poi c’è un attimo di silenzio, come una sospensione, immersa in un debole brusio elettrico dato dalle connessioni instabili. <<Niocke>>, dice infine sull’immediato una voce femminile, lontana, quasi con tono incredulo. Poi aggiunge con gioia: <<Sapevo che avresti chiamato, lo sapevo, anche se i soldi che ci hai spedito hanno sempre parlato di te, dei tuoi giorni, del tuo essere riuscito ad inserirti in Europa, proprio come desideravi>>. Quindi vorrebbe lasciarsi andare a piangere per l’emozione, ma riesce a trattenersi, anche se non ha voce per altre parole da pronunciare, e non è capace neppure di formulare delle domande, anche per non riempire il momento di ordinarie banalità. Anche Niocke è emozionato, si fa forte del fatto che adesso può dire a sua mamma che va davvero tutto bene, che lui si sta sistemando, che ha un lavoro, che dove si trova ci sono persone che gli vogliono bene, che addirittura gioca al calcio nella squadra locale del paese dove abita. Ma cosa importa adesso tutto questo, ciò che è stato affrontato fino a questo momento è lì, tra loro due che singhiozzano nel telefono, e la sofferenza di sfidare un distacco così doloroso, così innaturale, così pensato e ripensato mille volte nelle notti insonni prima della partenza, ora si stende piano lungo quella debole connessione di cavi e di segnali elettrici.

            <<Se tu stai bene, io sono contenta, felice>>, dice la mamma con voce debole, appena sussurrata, e lui sa soltanto dire di sì, che è vero, che va tutto bene, che è stata fatta la scelta giusta, che le cose non potevano andare in nessun’altra maniera per lui, perché ci credeva, ci ha sempre creduto, e che era proprio quello il percorso da affrontare, e non ce n’era nessun altro possibile. Poi la mamma, incapace oramai di parlare, chiama le due sorelle di Niocke al telefono, per fargli dire qualcosa, per salutarlo col calore della famiglia, dopo tanto tempo, e loro subito urlano, sono contente, il loro fratello ce l’ha fatta, si è sistemato, sta bene, e i soldi che riesce ad inviare ogni mese per loro sono importanti, fondamentali, anche per il futuro di tutta la famiglia. Lui si rallegra, sono più piccole d’età di lui, e lui si è sempre sentito un po’ il loro tutore, e quindi anche per questo è partito dal Senegal per affrontare un viaggio allucinante e lunghissimo, pieno di insidie e di sofferenza, perché il suo sostegno un giorno diventasse la pietra angolare della casa che ha dovuto lasciare. Impossibile trovare le parole adatte per descrivere tutto quel tempo da quando è partito dalla sua città, ma forse non ha alcuna importanza, perché il passato è alle spalle, ed è soltanto il presente quello che conta.

            Poi cade la linea, ed era prevedibile, tanto che Niocke non prova neppure a ricomporre il numero telefonico, ma oramai quello che c’era da dire è già stato detto, e quello che conta sta semplicemente in quel contatto di pochi minuti. Adesso lui potrà scrivere una lunga lettera in cui descriverà la sua nuova vita, in cui nominerà le persone che lo stanno aiutando, ciò che ha trovato da fare per guadagnare dei soldi, come trascorrono le sue giornate, cosa spera di fare nel prossimo futuro, tutto quello che adesso riempie il suo tempo lontano dal Senegal. Ogni bambino che nasce in quella terra sa che prima o dopo dovrà fare i conti con la migrazione, questa parola orrenda che spiega tutto dei sentimenti nascosti dentro ad ogni persona del posto. Una dannazione, un destino, un’incombenza che grava su ogni famiglia con poche risorse, e che nessuno è capace di scrollarsi di dosso se non affrontandola e pianificandone i possibili risultati. C’è un incubo dietro alle madri che mettono al mondo i loro bambini, ed è quello di perderli quando saranno appena più grandi, di doverli salutare in un giorno qualunque, per rivederli soltanto nel caso in cui loro siano stati molto fortunati, oppure mai più. Niocke forse ce l’ha fatta, è riuscito nel suo intento, ha avuto la perseveranza di andare sempre avanti, anche se la lotta ingaggiata non è certo finita.

            Non dirà mai, in quelle lettere che da adesso in avanti conta di scrivere alla sua famiglia, che è stato addirittura picchiato da qualcuno che non desiderava dargli la possibilità di vivere nel luogo dove è stato catapultato da chissà quale combinazione di cose. Così come non dirà mai che è passato dalle mani di trafficanti senza scrupoli prima di arrivare fin lì. Cosa importano le sofferenze subite, pensa adesso. Ciò che conta è ciò che sei, quello che sei capace di dare agli altri, questo far parte di una vera comunità di persone, le quali lavorano e si adoperano ognuna per il bene dell’altra, mettendo assieme giorno per giorno il proprio pezzetto d’impegno per far funzionare le cose. Poi citerà tutti coloro che lo hanno aiutato e che continuano ad aiutarlo, dandogli fiducia, sostenendo i suoi sforzi per essere integrato tra tutti, perché è solo così che ogni miracolo si mostra possibile.

 

            Bruno Magnolfi

Nessun commento:

Posta un commento