martedì 20 luglio 2010

Quasi sufficiente un'immagine.

            

            La fotografia appariva sfocata, ingiallita, con delle tonalità di grigio ormai false, senza spessore. Però averla ritrovata tra le cose dimenticate di un cassetto di fondo dopo tutti quegli anni, era quasi un miracolo, un riesumare un passato che si stentava a credere vero. A quell’epoca lei era giovane, carina, sorridente, ed era rimasta così, nella fantasia di Alberto, come se il tempo e la vita non avessero su di lei avuto il potere di cambiarne neppure un dettaglio. Lui di tutta la fato riusciva a vedere solo quella dolce espressione, e non provava neppure a pensare a come potesse trovarla cambiata all’appuntamento che si erano dati dopo tutto quel tempo.
            Caro Alberto, le aveva scritto in quel breve biglietto, forse non ti ricorderai neppure di me, di quella ragazza magra, biondina, forse un po’ ombrosa. A me invece il tuo ricordo ha fatto compagnia tante volte durante questi anni, tanto che non ho mai parlato di te con nessuno per paura che quel pensiero così intimo potesse venire turbato. Aver cambiato città è stato un bene per me, non avrei mai sopportato di incontrarti per strada come due persone qualsiasi. Adesso alcune cose sono cambiate, ed io sono tornata. Mi piacerebbe vederti, parlare con te, anche solo per poco. Per favore, rispondimi con un semplice biglietto come quello che leggi. Seguiva l’indirizzo e la firma.
            Ad Alberto qualche perplessità era velocemente passata dentro la testa, ma la voglia di rivedere quella ragazza era enorme, improvvisa, dirompente, tale da superare qualsiasi altra cosa. Tornava a rileggere le poche parole e poi subito ad osservare quella fotografia in bianco e nero, e si sentiva quasi felice, come se l’entusiasmo che quegli oggetti riuscivano a scaturire al suo interno, potesse annullare qualsiasi divario possibile.
            Le aveva scritto di getto quel biglietto di risposta che lei aveva richiesto, ed era stato breve, asciutto, conciso, cercando in poche parole di spiegare il piacere che provava anche lui nel desiderio di incontrarla. Lo aveva spedito subito, quasi di fretta, senza pensare a nient’altro, ma adesso si sentiva inadatto ad incontrarla davvero. Provava l’umana paura di deluderla, di non riuscire a dire le cose più giuste, di mostrarsi solo nostalgico e un po’ sdolcinato, senza riuscire a mettere a frutto un momento importante per la loro vita matura.
            Allora pensò a lungo su cosa fare, come comportarsi, in quale modo vestirsi perfino, e niente nella mente di Alberto parve adatto a quell’incontro fissato. Si sentì piccolo, stupido, incapace di stare all’altezza di una cosa del genere, e l’appuntamento era fissato proprio per quella serata. Girò dentro casa, si fece una doccia, cercò di calmarsi e di volgere la mente verso altre cose; poi tornò a riguardare quell’unica fotografia che aveva di lei, e si sentì bene ad osservarla di nuovo. Si sedette con gli occhi ancora sopra l’immagine e decise di rimanersene lì, seduto sulla sua poltrona, ad osservare per tutta la sera quella dolce fotografia. Perché in fondo, Alberto, non aveva davvero bisogno di altro.

            Bruno Magnolfi

            

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